SCHEDE FILM

Teresa Raquin

Titolo originale

Thérèse Raquin

Regia

Marcel Carné

Nazionalità

Francia

Anno

1953

Interpreti

Simone Signoret (Teresa raquin)

Raf Vallone (Laurent)

Roland Lesaffre (il marinaio)

Jacques Duby (Camille Raquin)

Sylvie (la madre di Raquin)

Maria Pia Casilio (Georgette)

Neri Bernardi

Marcel André

Soggetto

Charles Spaak

Marcel Carné

Sceneggiatura

Charles Spaak

Marcel Carné dal romanzo di E. Zola

Fotografia

Roger Hubert

Musica

Maurice Thiriet

Durata (in minuti)

105

Produzione

Hakim

Distribuzione

Lux

La trama

Teresa ha sposato il cugino Camillo, uomo debole, malaticcio, non per amore, ma obbedendo ad un sentimento di riconoscenza verso la madre di lui. La sua vita scorre monotona e tranquilla fino al giorno in cui ella fa per caso la conoscenza di un camionista italiano, di nome Lorenzo. Gli sguardi di costui le parlano un linguaggio appassionato, al quale non resta insensibile. Lorenzo le propone di fuggire con lui: ella rifiuta, ma lo rivede più volte. Lorenzo decide di dire la verità al marito che dapprima supplica Teresa di non abbandonarlo, poi le chiede di trascorrere con lui ancora tre giorni a Parigi; ma durante il viaggio, Lorenzo, che segue la coppia, viene a diverbio con Camillo e lo getta dal treno. La polizia ha dei sospetti su Teresa; ma non ci sono prove e la pratica viene archiviata. Malgrado questo, il ricordo del delitto tormenta Teresa: quand'ella s'avvicina di nuovo all'amante, un pericolo insospettato si delinea per entrambi. Un compagno di viaggio, che ha assistito alla scena del delitto, ricatta i due amanti. Essi pagano la somma richiesta; ma in seguito ad un investimento, il ricattatore perisce prima di aver potuto annullare la sua denuncia. I due colpevoli non potranno sfuggire al meritato castigo.

La critica...

La genesi di «Thérèse Raquin» ricorda per più di un aspetto quella di «La Marie du port». Dopo che il pessimo risultato commerciale di «Juliette ou la clef des songes» lo ebbe costretto a rinunciare al progetto di «La reine Margot» - storia di atmosfera poetica ispirato all'opera di Dumas -, Carné dovette attendere due anni prima di poter girare un film. Quando ne ebbe la possibilità, fu costretto a ridurre le sue pretese. Per compensare la carenza di mezzi spettacolari, si rese necessaria la scelta di un soggetto dotato di forti risorse drammatiche. Tale esigenza indusse Carné ad accettare la proposta di una riduzione dal romanzo di Émile Zola, di cui esistevano già due versioni cinematografiche: la prima di Nino Martoglio (1915), la seconda realizzata nel 1928 da Jacques Feyder. Abbandonato definitivamente il «realismo poetico», deluso dai risultati del realismo immaginario di «Juliette», il regista sembra deciso a rinnovarsi in quella tendenza naturalistica di cui aveva già dato un primo saggio con «La Marie du port». Di naturalismo infatti, piuttosto che di realismo, converrà parlare in riferimento a «Thérèse Raquin».

La rilettura di Zola indusse Carné nella convinzione che lo spirito di «Thérèse Raquin» fosse «una passione violenta, esasperata», una tragedia dei sentimenti che non avrebbe potuto trovare adeguata espressione cinematografica in una ricostruzione d'epoca. Il regista si risolse pertanto a situare l'azione del film nel contemporaneo, obbedendo alle esigenze di una trasposizione che «s'imponeva nella forma per poterne rispettare il fondo». Il «tradimento» di Zola agisce in più di una direzione. Laddove il romanzo è uno studio sulla genesi e le conseguenze di un crimine che fin dall'inizio si presenta agli amanti come l'unica via d'uscita dalla situazione essenzialmente tragica in cui si trovano, nel film la morte di Raquin avviene casualmente. Demiurgo della situazione sarà allora il Fato. Ed ecco che il presunto rinnovamento di Carné in senso naturalistico trova contraddizione nella più che mai onnipotente presenza metafisica del destino. In «Thérèse Raquin» anzi il destino moltiplica i veicoli del proprio intervento, incarnandosi in ben due personaggi-simbolo: il marinaio, arcangelo malefico, e la cameriera. Entrambi sono strumenti e insieme personificazioni dell'entità canonicamente deputata a separare coloro che si amano. C'è di più. Il destino si sbarazza delle mediazioni simboliche per influire direttamente sugli avvenimenti nell'episodio della caduta di Raquin dal treno e in quello dell'investimento del marinaio. Depurato di ogni determinazione fenomenica il «grande burattinaio» del cinema carnéano si manifesta infine nella sua «trascendenza». Siamo di fronte a una nuova tragédie noir, il cui svolgimento narrativo non è lontano da quello dei film nati dalla collaborazione tra Carné e Prévert. L'umor nero del regista trova anzi in «Thérèse Raquin» la sua rappresentazione estrema, che esclude finanche l'aura poetica propria del pessimismo sentimentale dello sceneggiatore. Si comprenderà allora come il naturalismo non tocchi il piano della narrazione, restando confinato nella dimensione rappresentativa, che si carica anzi di implicazioni affini al verismo.

Vigore e esattezza della narrazione unite a un'accurata rifinitura dell'immagine, non sono risultato di poco conto per un film girato in 48 giorni. Le debolezze di «Thérèse Raquin» si trovano piuttosto nel tratteggio dei personaggi, troppo semplificati e tipizzati. La protagonista, in particolare, trasformata da Carné in una donna refrattaria a ogni interesse materiale, diventa un personaggio più gratuito della Thérèse zoliana, è infatti impossibile capire che cosa la leghi, infine, all'insopportabile Camille.

[Scheda tratta da «Marcel Carné» di Roberto Nepoti, ed. Il Castoro Cinema]

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