Intervista con

Leone Pompucci

regista del film

«Mille bolle blu»


Venezia Lido, settembre 1993

D. Com'è nata l'idea di raccontare "Mille bolle blu"?
R. Io lavoro con due sceneggiatori che sono due amici dell'infanzia. Con entrambi ho fatto le scuole insieme. Questa non era la prima storia che facevamo, ne avevamo fatte altre. Un ottimo amico nostro che si occupa di cinema da dietro le macchine da presa disse "voi avete scritto il vostro terzo e quarto film, non avete scritto il primo, perché il primo lo dovete far produrre... poi farete gli altri". E questa è la vera notizia: bisogna avere i piedi per terra e cercare di proporre ai produttori qualcosa che possa essere realizzato. E allora abbiamo cominciato a pensare: che cosa conosciamo a portata di mano e che potrebbe non costare troppo... Venne in mente la vita che facevamo noi con i nostri fratelli maggiori durante l'infanzia e le cose che avevamo visto succedere. Più o meno quello che avete visto voi e il fatto più importante è che il film poi si è fatto davvero.
D. E al cinema come sei arrivato?
R. A quattordici anni mi ricordo che camminavo con un bambino mentre andavo a Villa Ada a Roma e lui mi disse: tu che vuoi fare da grande? Ed io: il regista! Avevo visto otto e mezzo di Fellini e mi aveva fulminato. Poi di questo fatto mi sono completamente scordato e sono andato al conservatorio. La musica però non era la mia vera via, anche se a me piace molto non avevo le qualità per fare il musicista... Ho fatto il servizio militare, dove sono stato praticamente un anno prigioniero a non far niente, e ho capito che dovevo fare con grande volontà quello che mi piaceva e per cui forse ero portato. Sono uscito e ho cominciato a lavorare con un socio vendendo foto ai giornali; mi sono ritagliato un mio spazio e facevo le copertine per Panorama, l'Espresso, Der Spiegel... inventavo le foto, avevo un certo stile. E intanto cercavo sempre di capire come arrivare al cinema. Una volta mi ricordo di aver pensato: potrei arrivarci correndo sempre a lato e poi entrando nella parte finale. E' successo esattamente così e non ho dovuto fare un certo tipo di gavetta: ho forzato in certe situazioni la mano a gente che mi chiedeva le foto e gli ho filmato in elettronica delle cose. Questo è successo con Mino D'Amato della Rai: mi aveva chiesto un lavoro in fotografia e io gli dissi che quel lavoro se lo avessimo girato sarebbe venuto molto meglio. Inizialmente non ci fu niente da fare perché insisteva: no, no, fai le foto. Abb iamo speso dei milioni con il socio con cui lavoravo allora, ma abbiamo girato quelle cose. Le portammo a far vedere a D'Amato e lui disse: benissimo... e abbiamo avuto un contratto con Rai 3. Quelle cose sono poi state viste da una curatrice di Rai Uno e fruttarono un appalto da fuori assolutamente senza nessuna raccomandazione: potei fare sei settimane in teatro di posa. C'erano addirittura in ballo 500 milioni... ad un altro sarebbero avanzati 250 milioni; a noi ne rimasero solamente 60, però siamo stati sei settimane in teatro di posa a fare esperienza su tutto. Quelle cose che abbiamo fatto per Rai Uno sono state viste, le ho portate in giro e mi hanno reso la possibilità di fare pubblicità: ho fatto 17 spot della pubblicità nazionale. Poi mi sono messo a fare delle cose per Mixer, delle sigle per Rai 3... e queste cose funzionavano! Poi c'è stato un momento di crisi profonda perché avevo litigato con della gente che mi dava lavoro: era un po' troppo esigente, mi hanno fatto fuori... A quel punto ho pensa to che fosse il momento buono per mettermi a scrivere delle cose; ho continuato a campicchiare facendo delle foto e qualche altro servizio per la televisione e... alla fine è venuto fuori "Mille bolle blu". C'è stato un periodo un po' nero in cui sembrava di non riuscire a far niente, poi invece le cose si sono condensate e improvvisamente si sono aperte due o tre porte di seguito...: Risi ha letto la sceneggiatura, la sceneggiatura subito dopo è stata premiata a Solinas, Risi intanto aveva deciso di fare il film, poi è arrivato un nuovo premio su un'altra sceneggiatura...
D. Con la produzione come sono stati i rapporti?
R. Tranquillissimi. C'è stata solamente una grossa litigata e solo per questioni produttive. Per il resto ho avuto dei rapporti veramente eccellenti. Tedesco, uno dei due produttori, ama fare il suo lavoro, è un uomo intelligente; Risi è un regista e doveva andarsene spesso dal set perché altrimenti mi avrebbe concesso troppo... ad ogni mia richiesta diceva "sì, è necessario". Quando invece erano in ballo questioni artistiche si era in piena sintonia, anzi alcuni confronti hanno sicuramente aiutato a migliorare il prodotto.
D. Ritieni più di aver avuto fortuna o di essere stato premiato nella costanza e nelle capacità?
R. Ci vuole una fede enorme e una ferocia nel lavoro. Non ferocia verso gli altri ma nel lavoro! Mio padre era morto improvvisamente e tre giorni dopo noi stavamo a lavorare. E' necessario avere una grande fiducia nel proprio lavoro. [Gianni Furlanetto]

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