LA SALA DELLA COMUNITA CHE FANTASMA…

Cinema, teatro, musica leggera. Si può e si deve evangelizzare usando anche i mass-media. Tra gli "addetti ai lavori", è questa la convinzione che si fa strada sempre con maggior chiarezza. E non si deve ripartire da zero, basta organizzarsi. La storia più recente della Chiesa vanta ricchezze immense racchiuse tra le pieghe di una stagione nemmeno troppo lontana: gli anni 60/70, quando si è consumata l’occasione preziosa di fare delle "comunicazioni di massa" uno strumento privilegiato per l’annuncio del Vangelo. La Chiesa nel corso degli anni ha detto molto sui mezzi della comunicazione sociale e in particolare sul cinema. Lo slogan "ogni campanile una sala cinematografica" fu l’impegno del dopoguerra. E sorsero ovunque cinema che nell’offrire un "sano svago" alla gente, davano magari ai parroci anche la possibilità di far quadrare i bilanci. Delle prime sale cinematografiche esistenti in parrocchia si ha notizia già intorno al 1905. Ma la facilità di "convogliare" in quegli e negli anni a venire le "masse" nella sala cinematografica ha fatto però perdere di vista ai titolari delle sale la grande occasione di coniugare pastorale e cultura. Quando con il boom delle Tv private e delle videocassette è sopraggiunta la crisi del cinema, in pochissimo tempo sono infatti stati centinaia e centinaia gli esercizi scomparsi dall’orizzonte delle nostre città. Nell’impossibilità - o forse nel rifiuto - di sostenere strutture a carattere paraindustriale, un ostacolo spesso insuperabile è stato quello dell’adeguamento alle nuove norme di sicurezza. Rispetto agli anni ’60, quando le sale cinematografiche parrocchiali aperte al pubblico erano circa 6.000, oggi solameAnte 700 di queste si sono rinnovate e continuano a fare prevalentemente cinema; altre (300 circa) utilizzano raramente il cinema e si propongono, comunque, come spazi aperti anche ad altri strumenti della comunicazione sociale; moltissime, invece, sono diventate strutture fatiscenti, quasi mai usate, il più delle volte cedute per altre attività (supermercati, garage ecc.). Ma anche per le realtà sopravvissute alla "bufera" anni Ottanta l’avvenire non è dei più tranquilli. Molto è cambiato e il cinema - da sempre a livello della produzione, ma ormai anche a livello di distribuzione e di monopolio di esercizi - appartiene ad altri potentati. Eppure il magistero della Chiesa ha sempre affermato con forza la necessità di un rilancio, insieme ai mass-media, delle sale parrocchiali. Nel 1982 una apposita Nota Pastorale della Conferenza episcopale italiana precisava: "In conseguenza della loro funzione pastorale e della loro caratterizzazione comunitaria le nostre sale devono proporsi come luoghi di incontro e di dialogo, come spazi di cultura e di impegno, per un’azione sapiente di recupero culturale, di pre-evangelizzazione..." e ancora "La chiusura della sala è chiaro sintomo di un atteggiamento di distacco e di sfiducia verso strumenti che invece sono destinati a raggiungere e ad influenzare (...) l’intera società (Inter Mirifica, I). A monte c’era e c’è il progetto della cosiddetta "sala della comunità", ossia di uno spazio complementare al "Tempio" dove la comunità ecclesiale incontra la società civile. Anche il magistero più recente della Chiesa (Redemptoris Missio 1990, Centesimus annus 1991, Aetatis Novae 1992) non ha mai cessato di insistere sulla necessita di far propria la ricchezza offerta dai moderni mezzi della comunicazione di massa dando particolare importanza alla sala della comunità.[Gianni Furlanetto]


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