ELEMENTI DI ANALISI FILMICA

Elementi di analisi filmica II parte

Le scuole

Può essere arbitraria una divisione delle tendenze che andarono e tutt'ora vanno sviluppandosi all'interno dell'universo cinema. Se di storia vogliamo però continuare a parlare, è piuttosto immediata la generalizzazione per centri geografici, ovvero l'individuazione di quei paesi all'interno dei quali si è svolta l'evoluzione di un discorso cinematografico autonomo.

In Francia: l'esperienza dei Lumiere non diede spazio ad una continuità didattico sperimentale; essi stessi, per timore di dover dividere il monopolio che avevano istituito, si rifiutarono di vendere le loro attrezzature limitandosi ad affittarle. Toccò così a Georges Melies, costruirsi da sé un proprio proiettore, realizzando nel 1887 a Montreuil uno studio cinematografico per la realizzazione dei suoi piccoli capolavori, filmati i cui ingredienti principali erano la fantasia, lo stupore, la ricostruzione di luoghi immaginari e fiabeschi, l'uso artigianale del colore ed il gioco sapiente e magico del trucco scenico.

Nel 1908 a Parigi, la film d'Art, una società di produzione che ingaggiava per la realizzazione delle sue opere noti scrittori e attori, presenta "L'Assassinat du duc de Guise", una proiezione che ponendosi come uno dei maggiori avvenimenti mondani dell'anno, porterà il cinema ad avere ormai il riconoscimento ufficiale e la considerazione generale di pubblico e critica, né più né meno deglispettacoli teatrali della Comedie Francaise.

Negli Stati Uniti: più rapida e decisa è l'ascesa qualitativa del cinema americano come prodotto spettacolare e come perfezionamento delle tecniche e delle regole della narrazione filmica; in due films: "The life of an American Fireman" (La vita di un pompiere americano, 1902) e "The Great Train Robbery" (La grande rapina al treno, 1903) Edwin S. Porter, già collaboratore di Edison come operatore, istituisce i fondamenti della regia e della produzione filmica. Qualche precedente esiste già: gli inglesi Smith e Williamson, teorici del montaggio, gli stessi Lumiere e Melies per una capacità realistica del concetto di narratività. À a Porter però, che convenientemente ci si deve rifare per veder condensate gran parte delle caratteristiche produttive dell'arte filmica. Ne "La vita di un pompiere americano", Porter racconta la vicenda di una madre e di un bambino salvati da un incendio caricando però il senso dell'episodio di una drammaticità altamente espressiva costruita razionalmente con l'inserimento dosato di alcuni primi piani che sottolineano efficacemente il mutamento d'azione. Ma vero e proprio compendio delle regole del romanzo filmico è "La grande rapina al treno": qui l'autore, in una successione a ritmo leggermente variabile di quattordici inquadrature, inventa il genere western narrando la vicenda di una rapina riuscita, con inseguimento e giustizia finale dei colpevoli. La successione delle inquadrature offre allo spettatore l'impressione di un incalzante succedersi di azioni, e Porter stesso, con una trovata davvero originale, evidenzia indirettamente nel finale l'importanza dell'unità-base della narrazione filmica, l'inquadratura appunto. Sul catalogo Edison, infatti, era precisato: "Sulla scena 14: un primo piano di Barnes il capo dei fuorilegge, che guarda e spara sugli spettatori. L'impressione è notevole. Questa scena può essere messa all'inizio o alla fine del film".

In Italia: anche nel nostro paese vi era chi non era rimasto indifferente al fascino sottile del mezzo cinematografico e l'esempio certamente più eclatante è quello del regista Giovanni Pastrone che, abile conoscitore e manipolatore dei mezzi di ripresa (sua è per esempio la tecnica della ripresa mobile con la macchina da presa montata su un carrello che scorre su rotaie) nonché esperto in films di argomento storico (valga per tutti la serie su "Maciste") realizza nel 1914 "Cabiria", riuscendo, con un ingegnoso battage pubblicitario (riuscì a farsi firmare la sceneggiatura da Gabriele D'Annunzio) ad ottenere un clamoroso successo internazionale.

In Unione Sovietica: La rivoluzione del 1917 che aveva spodestato il regime zarista a favore di quello socialista di Lenin, non aveva impedito lo sviluppo di un'arte cinematografica autonoma e del tutto originale, almeno nella sua fase più matura. Anzi, i maggiori teorici e tecnici del film sovietico misero la loro geniale creatività al servizio dell'espressività filmica, affinché questa, cercando al meglio di cogliere la realtà nelle sue sfumature più nascoste, fosse in grado di mostrarne la complessità suggerendo contemporaneamente una via critica da percorrere. La figura di maggior spicco è senza dubbio quella di Sergej M. Ejzenstejn, regista teatrale prima e cinematografico poi, teorizzatore di grande levatura e autore di opere rimaste memorabili.

A questo punto apriamo una schematica parentesi per chiarire il significato della terminologia usata dagli addetti ai lavori:

Inquadratura. À l'immagine dello spazio colto dall'obiettivo della macchina da presa, chiusa tra due stacchi; diremo anche che una successione coerente di inquadrature, legate tra loro da un legame di verosimiglianze spazio-temporali forma una sequenza; anticiperemo ancora che quando più scene si succedono senza stacchi in virtù del movimento della macchina da presa che riesce a riprendere il tutto in un'unica inquadratura, avremo ciò che si definisce un piano-sequenza.

L'inquadratura, a seconda dello spazio che l'obiettivo della macchina da presa riesce a cogliere si può definire in diverse maniere: campo lunghissimo visione d'insieme molto vasta del luogo ripreso; campo lungo ripresa delle figure umane a distanza; campo medio figure umane ravvicinate; piano americano figure umane riprese quasi per intero; primo piano figura umana ripresa nel volto fino a parte del busto; primissimo piano figura umana ripresa nel volto o un oggetto nei suoi particolari.

Va precisato infine che l'inquadratura suggerisce una diversa prospettiva d'interpretazione dell'immagine a seconda dell'angolazione di ripresa che può essere dall'alto al basso, o in diagonale.

I generi

Non esiste una vera e propria tipologia dei generi nella storia passata e attuale dell'arte filmica. Anche i film americani dell'aurea produzione hollywoodiana, pur dandosi etichette del tipo "musical" o "western", non sono mai stati rigidamente classificati in categorie ben distinte e il genere a cui si vogliono far riferire quelle stesse opere è una definizione generica dei loro contenuti. Come bene sottolineava Clint Eastwood, alla presentazione del suo film, "Bird", sulla tormentata vita del jazzista americano Charlie Parker, "western" e "jazz" sono gli elementi peculiari della storia culturale del popolo statunitense; quindi, oltre la geniale intuizione d'esordio di Edwin Porter con il già citato "The great train Robbery" (1903), quale sarebbe, nello stesso genere "western", il confine tra il documento di ricostruzione storica e la ricostruzione ipotetica e fantastica di probabili sparatorie e di verosimili cow-boys? I generi, in sostanza, sono delle classificazioni di comodo, utili a dividere, nel grande magma della produzione filmica mondiale, insiemi di opere che, per ambientazione, per caratteri dei personaggi e per le risoluzioni narrative, anno parecchie analogie tra di loro. Può comunque essere utile, in proposito, recuperare la classica distinzione aristotelica tra i generi della narrazione; Aristotele divideva la forma drammatica della narrazione in: Tragedia

(imitazione di personaggi peggiori degli uomini d'oggi; ovvero sviluppo di un contrasto iniziale tra personaggi che si risolve con un epilogo di morte; Commedia (Imitazione di personaggi migliori degli uomini d'oggi; ovvero sviluppo di un contrasto iniziale tra personaggi che si risolve, invece, felicemente). A questi due tipi generali l'analisi attenta dello spettatore critico potrà ricondurre un'ampio serie di sottogeneri che, sulla basa dei caratteri evidenziati nel corso dell'analisi stessa, sarà in grado di fornire una griglia orientativa di catalogazione dei prodotti cinematografici.

Fine seconda parte

(Da "Lo spettatore critico - una lettura dell'immagine filmica" di Renato Candia)

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