Speciale Venezia

POVERI MA BELLI, I "FUORI CONCORSO" DELLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA 1996

Il dado è tratto. Sono ormai noti vincitori e vinti dell'ultima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, ma, come sempre, la mostra ha un volto noto a pochi, quello dei film fuori concorso che a volte, nonostante la qualità, non verranno mai visti dal grande pubblico a causa degli alti costi di distribuzione. Fra questi spiccano sicuramente, per interesse e novità, i film dei Paesi dell'Europa dell'est e di un continente tanto lontano da sembrare quasi mitico, l'Australia; film che sembrano, al di là di ogni retorica, motivati. Di origine ceca "Kolja" di Jan Sverak, film povero di mezzi con una suggestiva fotografia in bianco e nero, punta tutto sull'instaurarsi di un rapporto sempre più profondo fra i due protagonisti, il vecchio ed egoista Louka ed il bambino abbandonato Kolja, rapporto che cresce proporzionalmente alla commozione degli spettatori. Kolja è un bambino russo di cinque anni, Louka un sessantenne cecoslovacco. La madre di Kolja intraprende una fuga per amore, improvvisa, tanto da non avere la possibilità di portarsi dietro suo figlio. Questa è l'assurdità di un sistema che ritiene legittimo separare una madre da un figlio, metafora, attualmente, di tutte le situazioni coercitive che ci fanno allontanare, in nome di sentimenti ben meno nobili dell'amore, dalle persone che amiamo e vorremmo vicine. Un film sui sentimenti dunque, per ricordarci che non dobbiamo vergognarci ad esprimerli, anzi, guardando sempre la realtà, anche le situazioni che sembrerebbero negative, quando non catastrofiche, non solo con gli occhi della mente, potremmo essere in grado di ricevere dei benefici da chiunque, come da qualunque avvenimento.

Si svolge sempre in Cecoslovacchia, anche se qui il paese ha connotazioni da favola, il film del regista tedesco Ivan Fila "Lea", storia d'amore atipica tra una giovane donna rimasta priva di parola in seguito allo choc della morte violenta della madre, e un ricco ed arido uomo tedesco che si reca in un paese rurale della Cecoslovacchia per una restituzione di terra che converte poi nell'acquisto di una moglie. I due sono inizialmente come due conchiglie chiuse. Lea chiusa nel suo muto dolore, continua ad inviare parole d'amore e struggenti disegni sulla tomba della madre; l'uomo chiuso a sua volta nel dolore per la perdita, tanti anni prima in un incidente, dell'amata giovanissima moglie, riesce solo a vivere una vita violenta, solitaria, arida ed egoista, dopo aver passato tanti anni nella Legione Straniera. Ma l'amore è una forza che vince tutti gli ostacoli, sembra ammiccare il regista, ed in un paesaggio sospeso sulle nuvole, tanto è indifferente sapere il dove, i gusci si rompono e sboccia una breve ed intensa storia d'amore interrotta dalla morte improvvisa e prematura di Lea che, si ha l'impressione, non getterà nuovamente l'uomo nell'abbrutimento. E questo è il come.

In concorso invece, dall'est e sull'est, il bel film di Otar Iosseliani "Brigands", ovvero briganti nel tempo, coproduzione fra Georgia, Francia e Russia; ed il film italiano di Carlo Mazzacurati "Vesna va veloce", che pur svolgendosi fra Trieste, il mondo della prostituzione di Rimini e l'Appennino tosco-emiliano, ci parla della triste realtà degli emigrati clandestini.

Dall'Australia proviene invece un film brillante e divertente come il suo titolo "Love and Other Catastrophes" di Emma-Kate Croghan. Il film è stato realizzato senza contributi statali grazie alla fiducia accordata all'idea da cinque giovani cineasti, che l'hanno scritto e prodotto, e dagli attori e dalla troupe che hanno accettato il pagamento rateale. Racconta la giornata di cinque giovani studenti universitari, fra situazioni comiche e brillanti, spesso esilaranti. Al centro di tutto le storie d'amore intrecciate dei protagonisti, le ricerche, le aspettative e speranze di relazioni vecchie e nuove. L'idea della regista è quella di ispirarsi al cinema americano indipendente di registi come Jarmusch e Lee per arrivare ad un prodotto vivace ed originale partendo non da una sceneggiatura completa, ma da una sorta di canovaccio. E alla base un'illuminante intuizione di Francis Ford Coppola: "Il miglior modo per fare un film è...cominciare a farlo."

Ancora dall'Australia "Intimate Relations" di Philip Goodhew, storia di relazioni pericolose, di un torbido triangolo lei, lui, l'altra dove i protagonisti sono una matura moglie e madre che non si rassegna al declino fisico, un giovane con problemi di autocontrollo ed incapace di dire no e la giovanissima figlia della donna. Lei, la madre, guarda il marito, eroe di guerra mutilato, che si avvia pacificamente e rassegnatamente verso la vecchiaia con sussulti di disprezzo ed egoismo, trova quindi giusto, per riprendersi ciò che non ha più, corrompere il giovane Harold, suo inquilino. La figlia vorrebbe soddisfare le sue prime pulsioni sessuali con Harold: si scatena la gelosia, la rivalità fra madre e figlia, necessariamente fra vecchio e giovane e, inevitabile, la tragedia. In tema di sesso, questa volta non torbido, anche se vissuto come peccaminoso, troviamo anche "Fistfull of flies" dell'italo-australiana Monica Pellizzari. Il film, ambientato in un oggi non ben identificabile (la macchina è anni Settanta, alcune pettinature anni Cinquanta) racconta la traumatica adolescenza della quindicenne Mars che rivendicando con forza il diritto a vivere liberamente la propria sessualità riuscirà ad affrancare dalla sottomissione due generazioni di donne, la madre e la nonna, ripudiata perché omosessuale, unica in grado di capire i turbamenti della nipote: non è facile essere una ragazza - afferma - passi la metà del tempo a capire cos'hai tra le ginocchia e l'ombelico e l'altra metà a vedere uscire dei figli."

Geniale prova del regista neozelandese Peter Jackson "Forgotten Silver" nasce come documentario televisivo. Il film racconta la vita del regista neozelandese Colin McKenzie, pioniere assoluto del cinema. Primo a riprendere il volo di un aereo, addirittura sei mesi prima del volo dei fratelli Wright; primo a realizzare un film a colori utilizzando bacche e primo a girare un film sonoro; utopico realizzatore di un grandioso set nella foresta per girare una memorabile Salomè. La scoperta di questo regista sarebbe avvenuta per caso ad opera dello stesso Jackson, che ritrova un baule con le pellicole del pioniere del cinema.

Il regista afferma che il giorno dopo la messa in onda molti hanno creduto di dover riscrivere la storia del cinema, molti si sono sentiti bluffati e molti, con soddisfazione del regista, si sono finalmente divertiti seguendo una trasmissione televisiva.

Ottimo risultato!

[Michela Bini]

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