SCHEDE FILM

Paris, Texas

Titolo originale

Paris, Texas

Regia

Wim Wenders

Nazionalità

Germania

Anno

1984

Interpreti

Viva Auder

Sam Berry

Hunter Carson (Hunter)

Aurore Clement (Anne)

Tom Farrell

Edward Fayton

Justin Hogg

Nastassja Kinski (Jane)

Harry Dean Stanton (Travis)

Dean Stockwell (Walt)

Socorro Valdez

Bernhard Wicki

Soggetto

Sam Shepard

Sceneggiatura

Sam Shepard

Fotografia

Robby Muller

Musica

Ry Cooder

Montaggio

Peter Przygodda

Durata (in minuti)

150

Coproduzione

Road Movies Berlin

Argos Film Paris

Distribuzione

Academy Pictures

La trama

Un uomo cammina tra le rocce e gli arbusti di una zona deserta della California. E' Travis, che è arrivato fin lì dal Messico, dove è sparito per quattro anni. Viene raccolto sfinito ed assistito da un medico, che scopre nelle sue tasche solo un foglietto gualcito, con l'indirizzo del fratello Walt. Da Los Angeles e dopo un lungo viaggio, questi viene a prenderlo. Travis è chiuso in un mutismo disperante e invano Walt, durante il ritorno verso casa, tenta di farlo parlare. Travis dice solo ed a fatica ·Paris, Texasº (e, cioè, come sapremo in seguito, il nome di una sperduta località, dove anni prima ha acquistato un lotto di terreno, perché proprio là, a quanto la loro madre gli aveva rivelato, i genitori lo concepirono). Anne, la moglie di Walt, accoglie anche lei con affetto e premure il redivivo, il quale trova in casa Hunter, suo figlio, un bambino che ora ha otto anni, affidato alcuni anni prima da Jane, la moglie di Travis, ai cognati. Anche Jane è sparita e i due genitori adottivi adorano il piccolo. Poco a poco, nel calore e nell'affetto dei tre, il mutismo di Travis si scioglie; dopo una iniziale riluttanza, suo figlio gli si attacca teneramente. Un po' di tempo passa, padre e figlio hanno stabilito un eccellente rapporto, parlando tutti e due anche della lontana Jane. Ma un giorno Travis apprende dalla cognata che, a quanto le risulta, il cinque di ogni mese Jane effettua un versamento su di un conto corrente a nome di Hunter, in una banca di Houston. Travis, ormai deciso a ritrovare la moglie - che è, in definitiva, lo scopo del suo itinerario - parte in auto con Hunter (d'accordo con il bambino), pur lasciando nella desolazione Walt e Anna. Ad Houston, dopo vari appostamenti, Travis scopre che la moglie lavora in un «peep-show», un triste ed equivoco locale, dove le donne si esibiscono in speciali cabine attrezzate con un vetro divisorio, che lascia per invisibili i clienti, viziosi o guardoni. In un primo incontro, Travis non si fa riconoscere dalla moglie, che ascolta parlare all'interfono e soffrendo orribilmente, ma la seconda volta, lasciato in albergo il figlio e con un messaggio registrato di addio per lui, Travis si fa mandare nel «box»la moglie e, anche se i due non possono vedersi, lei alfine ne riconosce la voce, apprendendo tutto il tormento dell'uomo e la sua storia. Travis e Jane erano stati innamoratissimi, malgrado una certa differenza di età. Proprio per stare sempre vicino alla moglie, Travis aveva abbandonato il lavoro e comprato quel pezzo di terra brulla a Parigi nel Texas. A questa autentica follia, si erano aggiunte una gelosia morbosa ed un'incredibile possessività: Travis aveva cominciato a bere e perfino a picchiare Jane e, una notte, l'aveva legata nella «roulotte»che era la loro abitazione. Andata a fuoco la «roulotte», Travis si era risvegliato tra le fiamme, ma Jane e Hunter non c'erano pi¨. Fuggita, dunque, lei con il bambino, erano cominciati per Travis il vagabondaggio ed il rimorso. Ma ora, dopo quattro anni, egli è tornato. Non conta il luogo ove ha ritrovato Jane, che non ha mai cessato di amare: egli vuole e deve riparare e restituirle Hunter. Jane, sconvolta, vorrebbe rivedere il marito, mai dimenticato, ma egli rifiuta. Non si vedranno: lui le darà solo l'indirizzo dell'albergo, dove Hunter aspetta. Madre e figlio cominceranno una nuova vita insieme, mentre Travis, a sacrificio compiuto, riprenderà il suo sconsolato itinerario.

La critica...

Intrapresa nel 1977, all'indomani di Der amerikanische Freund, la tormentata esperienza di Hammett si conclude, nel 1982: cinque lunghi anni nei quali Wenders ha potuto, se non dovuto, mettere alla prova il proprio «sogno americano», chiarendo a sé stesso e agli altri alcuni nodi delicatissimi e irrisolti di questo rapporto così decisivo per il suo cinema. Una vicenda professionale per molti versi traumatica, che ha messo in discussione certezze e aspettative, eppure straordinariamente feconda e «necessaria», se è vero che ad essa è lecito ricondurre quella rinnovata volontà di interrogarsi su sé stessi e sulle proprie ossessioni, nonché sul destino del cinema e sulle possibilità di sopravvivenza della sua funzione narrativa, espressasi nelle lucidissime «riflessioni» operate «a margine» del film hollywoodiano: i lungometraggi Lightning over water e Der Stand der Dinge e, più programmaticamente i due reportage realizzati per la trasmissione «Cinéma-Cinémas», Reverse Angle e Chambre 666, girato nel maggio dell'82 durante il festival di Cannes convocando alcuni colleghi nella propria camera d'albergo (l'ennesima del suo cinema) ed invitandoli ad esprimersi sul futuro immediato del cinema.

Verificate dunque la dolorosa estinzione della purezza del cinema classico (Lightning over water), la frustrante standardizzazione del sistema produttivo hollywoodiano (Hammett) e, soprattutto, l'ineludibile «diversità» del proprio stato di autore «contemporaneo» e perciò condannato al metalinguaggio (Der Stand der Dinge), ecco forse giunto il momento di rientrare in Europa, di recuperare il confronto con le proprie radici.

Ma prima di tornare a casa Wenders riesce finalmente a soddisfare il suo vecchio sogno, quello di girare un film negli Stati Uniti (e non, come Hammett negli studi statunitensi), in quel paesaggio mitico dove le più belle storie cinematografiche, su tutte quelle degli amati western, sono state ambientate. L'occasione gliela offre l'incontro con lo scrittore-attore Sam Shepard, vanamente richiesto nel caso di Hammett e di cui Wenders ha modo di leggere ricavandone subito il desiderio di trarne un film., il primo abbozzo di Motel Chronicles. Quasi a rinverdire miracolosamente la congenialità dei trascorsi sodalizi con Handke, la collaborazione con Shepard si risolve, più che nell'effettiva vicinanza fisica, in una lenta e parallela progressione sulla stessa lunghezza d'onda: mossi dalle suggestioni contenute in un'immagine shepardiana, quella di un uomo che attraversa come un automa il deserto in prossimità del confine messicano, di cui Wenders si incarica di verificare la «collaborazione» ambientale durante un tour automobilistico e fotografico in Texas, i due autori accumulano progressivamente gli elementi di una storia possibile, quella di due fratelli, per poi arrivare, dopo un instancabile processo di sottrazione e la graduale crescita del personaggio femminile, alla vicenda, lineare e nettissima, di Paris, Texas.

Premiato a Cannes con la Palma d'Oro, Paris.

Texas consacra la fama internazionale del suo autore, trasformandolo in oggetto di «culto» (soprattutto fra i cinefili delle nuove generazioni) e sancendo, in coincidenza con la nuova identità commerciale rivelata dal cinema d'autore, la capacità di penetrazione al box-office il marchio «Wim Wenders». Ma non è solo questa la svolta indicata dal film. Afferma infatti il regista: «Tutti i miei film precedenti, in realtà, non credevano nella storia, nella trama: si basavano esclusivamente sui personaggi e sulle varie situazioni in cui essi si venivano a trovare. (...) Stavolta, nonostante il finale sia completamente «aperto», la trama ha una direzione molto precisa sin dal primo momento: sappiamo sempre perché Travis sta facendo delle determinate cose e dove sta andando il film», Wenders realizza per la prima volta «un film che guarda a sé stesso», alla propria storia, preoccupandosi di offrire al personaggio, oltre che una completa occasione di sviluppo, la possibilità dell'azione, la capacità di cambiare il reale pur rimanendo fedele al suo isolamento. Travis, personaggio estremo della separazione dal mondo, la cui eroicità risiede nell'irriducibilità e nella rinuncia, riesce, attraverso la coscienza del proprio passato e degli errori commessi, a liberarsi dalla propria ossessione, quella di riunire le persone che ha diviso, e purtroppo non può fare a meno, alla fine, di riconsegnarsi alla solitudine da cui proviene. Perché, come afferma Sam Shepard, «riaggiustare qualcosa che si è rotta non basta. Ciò che si è rotto realmente è lui. E per sanarlo, per vedere di che natura sia, deve rimanere solo».

Il perseguimento di questa che è lecito individuare come una svolta drammaturgica, non impedisce comunque a Wenders di soffermarsi sui temi per così dire «classici» del suo cinema. In primo luogo quello della comunicazione, punto nevralgico di qualsiasi rapporto interpersonale, momento fondamentale dell'essere nel mondo di cui occorre recuperare, straniandola, l'effettiva funzione. Non è un caso, allora, se Travis, che proprio sull'azzeramento della parola ha fondato la separazione dal reale, recuperi il legame con le persone amate attraverso una forma comunicativa dapprima istintiva, quasi animalesca, il muto dialogo a distanza col figlio quando, tornando da scuola, i due camminano sui marciapiedi opposti ciascuno imitando l'andatura dell'altro; poi mediata da strumenti tecnologici, il walkie-talkie ancore col figlio, durante l'appostamento in attesa della madre; il registratore al quale affida il messaggio di addio per Alex; l'apparecchio telefonico mediante il quale parla a Jane nel peep-show. Il personaggio di Alex ribadisce poi l'attenzione di Wenders per la realtà infantile, universo non idealizzato del quale, come in Der sharlachrote Buchstabe, è impossibile ignorare le lacerazioni prodotte dalle colpe degli adulti ma il cui sguardo innocente e diretto può sempre garantire, come in Alice in den Städten, l'acquisizione di un'identità.

E infine, come anticipato nell'emblematico titolo che allude al luogo mistico di un'impossibile sintesi, il film mette in scena ancora una volta il critico dissidio fra America ed Europa, non più risolto, però, a livello cinematografico ma piuttosto evidenziato come un'alternativa fra due diversi modi di vivere, due diverse condizioni esistenziali, che affiora nettissima nell'indistinta dialettica tra spazi aperti (deserto, la strada), che restituiscono l'idea del vuoto e della solitudine ma suggeriscono anche la possibilità dello spostamento, del viaggio come momento liberatorio e conoscitivo (i percorsi in auto compiuti da Travis con Walt e con Alex), e luoghi chiusi (la villa di Walt, il peep show, luogo di simulazione ed allo stesso tempo di estrema verità), regno della serenità familiare e dell'affermazione dei sentimenti.

Film che, come affermato più volte dal regista, segna il definitivo distacco da un'America intesa come approdo mitico, «mondo magico verso cui tendere». Paris, Texas a riprova della disponibilità dell'autore all'indagine di nuove dinamiche narrative, registra l'ingresso nell'universo wendersiano di un personaggio, quello femminile, fino ad ora rimosso, o soltanto vanamente cercato (Alice in den Städten, Im Lauf der Zeit), dal suo cinema, ed è sintomatico che ciò avvenga mediante il recupero di un «sogno femminile» del passato (la Mignon di Falsche Bewegung). «Jane irrompe nel cinema di Wenders risolvendo un'assenza che scorreva tra le ·rimozioniº del bisogno e della memoria.

Come ogni apparizione, è preferibile trattarla con cura, con circospezione, senza forzature di significato e d'interpretazione. Per il momento si potrebbe considerarla un punto di partenza ed attendere le conseguenze della sua comparsa».

[Da «Wim Wenders» di filippo D'Angelo,

Il Castoro cinema, ed. Il Castoro, Milano]

Premere qui per tornare alla pagina precedente

Powered by ItalyNet.it