SCHEDE FILM

Blow-up

Titolo originale

The Blow-up

Regia

Michelangelo Antonioni

Nazionalità

Gran Bretagna

Anno

1966

Interpreti

Jane Birkin

Peter Bowles

John Castle

Claude Chagrin

Julian Chagrin

Melanie Hampshire

David Hemmings (Thomas)

Gillian Hills

Jill Kennington

Sarah Miles (Patricia)

Peggy Moffit

Rosaleen Murray

Ann Norman

Vanessa Redgrave (Jane)

Verushka

Soggetto

Michelangelo Antonioni

Tonino Guerra

Ispirato ad un racconto di Julio Cortazar

Sceneggiatura

Michelangelo Antonioni

Tonino Guerra

Fotografia

Carlo Di Palma

Musica

Herbert Hancock

Montaggio

Frank Clarke

Durata (in minuti)

122

Produzione

Carlo Ponti - Bridge Film per la MGM (Gran Bretagna)

Distribuzione

MGM

La trama

Thomas, un fotografo annoiato del fascino sensuale delle modelle che passano nel suo studio e nella sua vita, per reazione si propone di realizzare un fotolibro che vuol essere uno studio della vita di Londra in tutta la sua realtà. Attratto dalla calma che vi regna, si sofferma in un parco dell'East End e qui riprende le effusioni sentimentali di un uomo e di un donna; quest'ultima se ne accorge e lo insegue fino a casa per chiedergli la consegna della pellicola: è così disperata da offrirsi a lui, pur di riaverla. Con un trucco Thomas sostituisce il negativo, quindi comincia a sviluppare e ad ingrandire le fotografie.

Vengono in tal modo alla luce alcuni particolari, come la mano di un uomo che tiene una pistola ed una strana ombra sull'erba che potrebbe essere un cadavere. Non sapendo se è stato testimone di un delitto o se lo ha evitato, Thomas ritorna di notte nel parco e trova veramente un cadavere, che tuttavia il giorno dopo non c'è più. Egli non riesce quindi a trovare la verità di ciò che la sua macchina fotografica ha visto e rimane così in balia di sé stesso a misurare l'indistinto confine che separa la certezza dalla realtà.

La critica...

Michelangelo e la camera chiara

L'Oscar alla carriera ha da poco riproposto alla nostra memoria distratta il nome di Michelangelo Antonioni; Wenders si è posto come suo angelo, e gli ha permesso di realizzare "Al di là delle nuvole", dopo tredici anni di silenzio cinematografico, ora che Antonioni è costretto anche al silenzio vero e proprio, dopo l'ictus che lo ha colpito. Adesso, Antonioni sta comunque all'estrema periferia del mondo del cinema, monumento vivente e involontario a sé stesso. Quanta realizzò "Blow-up", invece, provocò polemiche, scandali, oltre a vincere il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes dei 1967 e a ottenere il primo grande successo di pubblico.

La sua fantasiosa ipotesi narrativa fu ripresa, come paradigma teorico, da linguisti e narratologi come Jurij Lotrnan, che dedicò a "Blow-up" un bellissimo saggio; influenzò il cinema d'autore successivo, fino ad arrivare ai "Misteri del giardino di Compton House" di Peter Greenaway, che dichiaratamente vi si ispirava. Ma c'era anche un coté più erotico, estetizzante, nello scandaloso "patio" sul quale si mettono tacitamente d'accordo Vanessa Redgrave e David Hemmings, belle immagini della modella Veruska penetrata e quasi violentata dall'obiettivo; aspetti che verranno ripresi in molti film di produzione medio bassa che sfrutteranno le seduzioni della fotografia, il legame erotico fra fotografo e modella. Sarà un classico degli anni '70. Fotografia, eros e thriller si legheranno insieme nei modi più strani, o più banali.

Linee di lettura

Forse è difficile immaginare, o ricostruire oggi l'effetto dirompente che dovette avere "Blow-up" sul pubblico, almeno per un doppio motivo: da una parte, la fascinazione della "Swingin' London" di cui tutto il film è permeato, che nel pieno degli anni '60 doveva rappresentare un'idea di novità, di bellezza, di colorata contemporaneità; dall'altra, lo sgomento e lo stupore di una storia "aperta", dove neppure il finale può aiutarci a sciogliere l'enigma che ha preso corpo nel corso del film. Dopo i film di Resnais, come "Hiroshima mon amour" o "L'anno scorso a Marienbad", quello di Antonioni era il primo in cui l'ambiguità della storia narrata fosse tanto forte, così da lasciare lo spettatore nell'incertezza continua, e costringendolo a interrogarsi sulla natura stessa della visione. Le teorie sull' "opera aperta" fatte conoscere al grande pubblico da Umberto Eco trovavano così, quattro anni dopo l'uscita del saggio di Eco, espressione cinematografica.

Ma, insieme con lo sgomento, il soggetto del film crea anche nello spettatore una inattesa euforia: la sensazione che la macchina, in questo caso quella fotografica, possa rivelare aspetti del reale che l'occhio non è capace di cogliere. Erano gli anni del boom della fotografia e delle riviste fotografiche, e tutti gli appassionati fotoamatori si saranno sentiti dei piccoli David Hemmings in cerca del loro segreto, appassionante mistero da svelare.

Parola di... Michelangelo Antonioni

Perché Londra?

"Non intendo girare a Londra per mostrare quel che è la città oggi", dichiarò Antonioni durante le riprese di "Blow-up". "Ritengo che la storia, valida in senso assoluto, cioè dovunque, assume nel mondo della Londra di oggi un sapore e un respiro di assai più intensa carica".

L'uomo con la macchina fotografica

"Arrivo a dire: la crisi del personaggio del film è stata un po' anche la mia, so di essere diverso da prima, proprio nel modo di stare di fronte alla realtà. Nei miei precedenti film, avevo tentato di esaminare le relazioni tra gli individui, le loro relazioni amorose, la fragilità dei loro sentimenti e così via. Ma in questo film, la relazione è tra un singolo individuo e la realtà, le cose che lo circondano. Non ci sono storie d'amore in questo film. L'esperienza del protagonista riguarda la sua relazione col mondo, con le cose che si trova di fronte".

Il massimo di obiettività (la riproduzione fotografica del reale) coincide con l'indecifrabilità. "Noi sappiamo che sotto l'immagine rivelata ce n'è un'altra più fedele alla realtà, e sotto quest'altra un'altra ancora, e di nuovo un'altra sotto quest'ultima. Fino alla vera immagine di quella realtà, assoluta, misteriosa, che nessuno vedrà mai. O forse fino alla scomposizione di qualsiasi immagine, di qualsiasi realtà. il cinema astratto avrebbe dunque una sua ragione di essere", ha scritto Antonioni nella sua prefazione ai "Sei film". Scavare nell'immagine per trovare altre immagini, e dietro ogni immagine, ancora un'altra. Fino a perdere ogni figura, come negli ingrandimenti successivi che il fotografo sviluppa, fino a mostrare soltanto, ingranditi, giganteschi, i granelli dell'emulsione della pellicola, il caleidoscopio delle cellule di bianco e di nero: la "grana del reale". Forse è da questo film, che Barthes molto amava, che è nato il titolo dell'ultima raccolta dei saggi del critico francese.

[Giovanni Bogani]

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