SCHEDE FILM

La dama bianca

Titolo originale

La dama bianca

Regia

Mario Mattoli

Nazionalità

Italia

Anno

1938

Interpreti

Ada Cristina Almirante

Lisl Ander

Aristide Baghetti

Nino Besozzi (Giulio Gualandi)

Ivana Claar

Arnaldo Martelli

Elsa Merlini (Marina Gualandi)

Vincenzo Scarpetta

Paolo Stoppa (proprietario d'albergo)

Enrico Viarisio (Savelli)

Soggetto

Aldo De Benedetti

Guglielmo Zorzi dalla commedia omonima

Sceneggiatura

Aldo De Benedetti

Guglielmo Zorzi

Fotografia

Arturo Gallea

Musica

Orchestra diretta da Alberto Paoletti

Tito Petralia

Montaggio

Fernando Tropea

Durata (in minuti)

70

Produzione

Angelo Besozzi-Aurora Film

Direttore di Produzione Valentino Brosio

Distribuzione

Ici (prima distribuzione Fonoroma)

La trama

L'avvocato Giulio Gualandi non è fedele alla moglie Marta, e cerca continuamente avventure. Quando, dopo un'interminabile discussione, la coppia va a trascorrere una vacanza a Cervinia, lui ha già pronta una scusa per raggiungere un'amica a Viareggio; sul treno, poi, corteggia una passeggera.

Nell'albergo di Cervinia, dove la moglie può confidarsi con l'amica Isabella, c'è molta gente spensierata e c'è anche un mistero: sembra che di notte si aggiri una dama bianca che bacia gli uomini. Finora il beneficiato è stato il giovane Savelli, amato in silenzio dalla figlia di Isabella, Gianna. Improvvisamente l'avvocato Gualandi si mostra interessato alla montagna, perché ansioso di provare questa nuova emozione: è con grande stupore che la notte sarà baciato e scoprirà che l'autrice del gesto è la moglie. Ma al mattino anche Savelli dichiara di essere stato baciato: per la prima volta Gualandi diventa geloso e inizia a pedinare i due. Il fatto si ripete, Gualandi obbliga il pauroso Savelli a salire in macchina e a fare un lungo giro a grande velocità. Ma è tutto inutile, e Gualandi è ormai deciso a rompere con la moglie. Rinuncerà e le chiederà scusa, quando scoprirà che ci sono numerose dame bianche: l'innamorata di Savelli, l'albergatore che cercava pubblicità per il suo hotel e anche la fantasia di molti millantatori. Marito e moglie sono riconciliati: ma sapientemente lei gli lascia il dubbio su chi fosse realmente la dama bianca.

La critica...

Elsa Merlini è attrice di teatro che godeva allora di grande notorietà. Le sono al fianco Nino Besozzi e il solito Viarisio. Anche se il film non è particolarmente vivace, Mattoli non rinuncia a ribadire le proprie idee sullo spettacolo. La sera, nell'albergo di Cervinia sono a confronto due spettacoli offerti (ma per il secondo lo sapremo solo alla fine) dalla direzione: uno spettacolo di magia e l'attesa della dama bianca. L'attesa del pubblico premierà il secondo, e il primo dovrà essere interrotto. Direttore dell'albergo, in uno dei suoi primi ruoli, è il giovanissimo Paolo Stoppa. Delegato alla produzione è un giovane torinese, Valentino Brosio, che farà più tardi parte dello staff della Lux e che scriverà nel 1956 un interessante «Manuale del produttore di film», in cui affiorano qua e là suggestioni mattoliane. Un altro torinese, Carlo Borghesio, assiste Mattoli alla regia: erediterà da lui il personaggio di Macario.

Parola di...Mario Mattoli

Dopo un po' smisi di fare l'avvocato perché avevo un difetto: avevo sempre molta simpatia per l'avversario e quando leggevo gli atti degli avvocati avversari trovavo che avevano molta ragione, mentre gli accusati che dovevo difendere non funzionavano. Smisi dunque di fare l'avvocato e andai come segretario nella società Suvini-Zerboni. La gente che veniva entrava da me perché ero io che distribuivo i biglietti gratis, e ricevevo i rapporti dei diversi direttori dei teatri.

De Sica è venuto nella Za-Bum occasionalmente perché una sera, nella mia funzione di ex-segretario della Suvini-Zerboni, sono andato a vedere uno spettacolo delizioso diretto da Salvini in un teatro in cui c'erano sette persone. Da quella occasione è venuto fuori il mio desiderio di valorizzare quella gente che era di una bravura eccezionale. Quando ho lavorato con i grandi attori di quel periodo ho trovato sempre una grossa collaborazione, era gente che capiva al volo. Allora non esisteva il regista, il regista sceglieva l'attore e poi era l'attore che interpretava quello che doveva fare.

Io non ho avuto maestri. Forse è anche per questo che ho fatto tanti film brutti. L'unico regista che mi ha insegnato qualcosa è stato Amleto Palermi. Che mi diceva: «Vedi, Mattoli, quando tu scegli i posti, gira sempre vicino a casa, perché così quando è ora di mangiare urli: buttate giù i maccheroni che vengo a casa.» Quando ho seguito i suoi consigli ho fatto le cose migliori.

Cominciai un filmetto il giorno in cui un grande regista con gli stivaloni cominciò un grosso film romano. Ci salutammo, io ho molta stima per lui, lo chiamavo maestro, lui sorrideva. Non ho mai capito se sorrideva perché gli faceva piacere o meno, e cominciò ?sto film. Io finii il mio film e ne cominciai un altro e lui continuava con gli antichi romani. Io ne ho fatti sette in un anno e alla fine io avevo fatto il settimo e lui non aveva ancora finito questa "Fabiola".

È l'idea iniziale che conta, non è il lavoro artificioso che si fa dopo. Tant'è vero che quando sento parlare di successive elaborazioni di sceneggiatura credo sempre che sia un elemento negativo perché, se l'idea è buona, se la scelta degli attori è giusta, anche la sceneggiatura viene facile. La scelta degli attori e l'idea sono lo stadio iniziale di un film, è quello che conta. I miei rapporti con i produttori non sono sempre stati molto buoni. Per loro un film non era bello se non c'era un salone con tante coppie che ballavano. E questo per me era sempre una cosa negativa perché sono molto superstizioso. Le comparse, in genere, sono persone che non hanno mai avuto molta fortuna nella vita: ecco, ne metta insieme parecchie tutte in frac e con la loro aria distinta e aristocratica, tutte persone di buona famiglia che ridotte a far le generiche in cinematografo , sono naturalmente turbate dall'andamento della propria esistenza. E vuole che si possano mettere in un ambiente chiuso cento persone disilluse della propria esistenza senza che succeda qualche cosa? Non esiste salone in cui non caschi qualcuno o qualcosa e la macchina non funzioni. In un film che durava qualche settimana la macchina funzionava sempre, quando c'era il salone la macchina non funzionava più. Le macchine sono sensibilissime a queste cose.

Sono un uomo di spettacolo che ha fatto tante cose nel mondo dello spettacolo, e credo di aver fatto anche delle cose interessanti. Non ho mai avuto un riconoscimento, mai un premio, nessuno mi ha mai detto che sono bravo. Noi, noi tutti che facciamo spettacolo, facciamo una cosa molto interessante, perché divagare la gente e soprattutto farla divertire è una specie di servizio sociale. Credo che far piangere sia facilissimo, è un po' da cretini. Si prenda un bambino con la mamma vicina, la gente si commuove e dice: povero bambino, povera mamma. Invece far ridere è estremamente difficile. Modestamente credo di aver fatto ridere molta gente perché ho dei meriti, anche se i critici non l'hanno mai riconosciuto. Ma in fondo sono contento di non aver avuto mai amici tra i critici.

Io sono un uomo di spettacolo commerciale. Trovo che il rapporto giusto è quello tra la spesa e l'incasso, e nei pezzi dei critici non vedo mai vicino al titolo quanto è costato il film, quanti metri sono stati girati, e quanto ha incassato: mentre questo è un elemento importante.

[Scheda tratta da: «Mario Mattoli» di Stefano Della Casa, ed. Il Castoro Cinema]

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