BIOGRAFIA

Alessandro Blasetti

Cenni autobiografici.

Nato a Roma il 3 luglio del 1900 da Cesare Blasetti e Augusta Luliani. Mio padre era professore di oboe e corno inglese: suonava e insegnava alla regia Accademia di Santa Cecilia. Mio nonno era scultore (è sua la statua del «Silenzio» allµingresso del nostro Varano). Mia madre discendeva da una famiglia della cosiddetta borghesia nera romana, avvocati della Curia, di padre in figlio. Ho compiuto gli studi inferiori al Collegio Rosi di Spello, tenuto dai sacerdoti somaschi, religiosi di una estrema semplicità e di bontà paterna. (Mio padre era quasi sempre in viaggio per le «tournées» cui lo conduceva la sua professione e mia madre lo seguiva). Mio fratello Giorgio fu con me in questo primo periodo di studi. Poi, per il liceo, io passai al Collegio Militare di Roma, lui all'Accademia Navale di Livorno e la vita così ci separò prestissimo, concedendomi rari e brevi incontri con lui, finché l'ultima guerra me lo tolse, valoroso ufficiale di marina, il 19 aprile del 1943. Gli studi universitari li ho compiuti a Roma, alla Sapienza. Mi sposai nel 1923, mi laureai nel 1924 in legge, alla facoltà scelta per secondare i desideri della tradizione materna. Ma per sposarmi appena congedato mi ero impiegato in banca e la laurea doveva servirmi ben poco. Infatti la mia vera vita di lavoro la sentii nascere quando entrai nel quotidiano «L'Impero» [...]Mi affascinavano perfino i primi documentari di Comerio e poi in seguito le prodigiose immagini di «Cabiria» di Pastrone. Ghione mi elettrizzò quando avevo già diciassette anni. Quello che mi decise al cinema fu però «Intolerance» di Griffith. E non tanto per la sua potenza spettacolare. Ma per aver fatto della storia viva vista come vita uguale e parallela a quella di oggi. [...] Quando mi riavvicinai al cinema, il mio sacro fuoco, per quanto compresso e fatto più violento dagli anni della laurea e del matrimonio, non poteva molestare più nessuno. Tutti i teatri di posa romani erano abitati soltanto da ragni e da topi, polvere e pioggia vi calavano in libera alternativa dalle crollanti tettoie di vetro; e una fertile melma aveva dato rigoglio, ovunque, ad appezzamenti di verde variegato [...] Era dunque il 1925 quando mi riavvicinai al cinema.

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