BIOGRAFIA

Marcel Carné

Nato il 18 agosto del 1909 (del 1903 secondo alcuni) nel quartiere di Batignolles, luogo di ritrovo, non troppo tempo prima, dei pittori impressionisti, Marcel restò orfano di madre a cinque anni. Fu allevato da una nonna indulgente che non gli vietò di passare la maggior parte del suo tempo fuori di casa, per le vie della città. Quando i primi studi del ragazzo furono terminati il padre, ebanista, cercò di avviarlo al suo lavoro. Ma il giovane apprendista cambiò presto attività per entrare come impiegato in una piccola compagnia di assicurazioni. Nel frattempo Carné, appartenente alla generazione nata con il cinema, si appassionava alla nuova arte diventando uno spettatore accanito fin dall’età di quindici anni. Murnau, Lang e l’espressionismo tedesco, oltre al cinema sovietico della grande stagione e al black film americano, lo affascinarono al punto da persuaderlo a iniziarsi al linguaggio cinematografico. Frequentati i corsi all’École technique de Photographie et de Cinéma (due lezioni settimanali alle Arts e Métiers, più prove pratiche nel bosco di Vincennes, la domenica mattina), il futuro regista ottenne un diploma che gli dava il diritto, almeno in via teorica, di fare l’assistente operatore. Nello stesso anno del diploma, il 1928, la fortuna offrì al giovane parigino la prima occasione, nelle sembianze, allora assai popolari di Françoise Rosay, moglie di Jacques Feyder. La mediazione della donna procurò a Carné un incontro con il regista franco-belga che lo ingaggiò come assistente operatore. Il successo procurò a Feyder un invito a Hollywood, prontamente accettato, che lasciò l’aspirante cineasta senza appoggi né relazioni. Terminato il servizio militare in Renania, Carné tornò a Parigi dove riuscì a farsi assumere come aiuto operatore per "Cagliostro" (1929 di Richard Oswald). Contemporaneamente partecipò ad un concorso bandito dal periodico «Cinémagazine» inviando cinque articoli che gli valsero un premio e un posto fisso come critico cinematografico della rivista. Spiccano per particolare interesse alcuni articoli in cui il futuro regista sembra già tratteggiare il nucleo di una personale poetica. Motivo ricorrente di questi scritti era che il cinema dovesse trarre alimento dalla realtà quotidiana, avventurarsi nelle vie di Parigi e registrare la vita della gente minuta.Tuttavia Carné è soprattutto ansioso di misurarsi nella direzione di un film, di mostrare ciò che è capace di fare. Nel 1929 investe i suoi risparmi in una piccola cinepresa portatile e gira "Noget, Eldorado du dimanche" che si potrebbe definire un film sperimentale, una ricerca fondata sul ritmo e l’associazione delle immagini. Negli stessi anni il regista seguiva le rappresentazioni teatrali del gruppo "Octobre" di cui Jacques Prévert era uno dei maggiori animatori. Carné restò particolarmente impressionato dalla satira corrosiva di Prévert assistendo alla celeberrima "La bataille de Fontenoy" nella quale il poeta sosteneva anche un ruolo come attore. Pare sia nato qui il desiderio di Carné di avere Prévert come collaboratore. L’occasione per la costituzione della coppia più nota della storia del cinema doveva giungere nel 1936 con "Jenny", il primo lungometraggio di Carné.Parola di... Marcel CarnéPer il primo film ho chiesto la collaborazione di Prévert, che conoscevo attraverso il Groupe Octobre. Ero molto giovane e avevo visto "La bataille de Fontenoy"; ne ero uscito assolutamente entusiasta per l’uomo che aveva fatto una cosa simile: era fantastico, di uno spirito molto rivoluzionario. Bisogna dire che c’era una forma di umorismo che abbiamo imparato a conoscere più tardi, ma che allora era quasi del tutto inedita. Ho chiesto Prévert al produttore per il dialogo del mio primo film, "Jenny", dopo aver visto "Le crime de M. Lange" in proiezione privata. C’erano Renoir e Prévert: sono andato a trovare Prévert e gli ho detto: «Mi piacerebbe molto lavorare con lei».Prévert veniva spesso sul set e gli capitava anche di fare certe osservazioni, se pensava che mi stessi mettendo su una strada sbagliata: «Io vedevo il personaggio un po’ diversamente, calca troppo», oppure «Non calca abbastanza». Ma le cose non andavano mai oltre queste osservazioni. Non si pronunciava mai sulle inquadrature né sul montaggio. Devo anche aggiungere che molto spesso non era presente durante le riprese. Ha viaggiato moltissimo, soprattutto fra il 1936 e il 1939. Ma appena rientrava telefonava alla produzione chiedendo di vedere il girato. Era una cosa che lo interessava enormemente. Coloro che vogliono essere sgradevoli con me dicono che senza Prévert non avrei fatto i film che conosciamo. Altri dicono la stessa cosa a proposito di Prévert. In realtà, il nostro incontro è stato benefico, ma sarebbe risultato nefasto per l’uno come per l’altro rendere eterna una collaborazione che non era più necessaria. Ognuno dei due aveva subito un’evoluzione per proprio conto. È indispensabile per collaborare come abbiamo fatto noi, Prévert ed io, un’identità di vedute che non può durare molto a lungo.
[Biografia tratta da «Marcel Carné» di Roberto Nepoti ed. Il Castoro Cinema.]

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