SCHEDE FILM

I MAESTRI DEL CINEMA

Sala Esse - giovedì 11 gennaio 1996

Rashomon

Titolo originale

Rashomon

Regia

Akira Kurosawa

Nazionalità

Giappone

Anno

1950

Interpreti

Minoru Chiaki (il bonzo)

Scinobu Hascimoto

Fumiko Homma (la maga)

Daisuke Kato (inf. della polizia)

Akira Kurosawa

Machiko Kyo (Masago)

Toshirro Mifune (Tajomaru il bandito)

Masayuki Mori (Takehiro il samurai)

Takashi Shimura (il boscaiolo)

Kichijiro Ueda (il passante)

Soggetto

Due racconti di Ryunosuke Akutagawa

Sceneggiatura

Shinobu Hashimoto

Akira Kurosawa

Fotografia

Kazuo Miyagawa

Musica

Fumio Hayasaka

Montaggio

Akira Kurosawa

Durata (in minuti)

88

Produzione

Diadei Jingo Minoru

Distribuzione

Cei Incom Diadei

La trama

Per sottrarsi alla pioggia tre persone si rifugiano sotto il portale del tempio di Rasho-Mon: un prete buddista, un taglialegna e un servo. I due primi sono ancora turbati per

il ricordo di un fatto avvenuto pochi giorni avanti. Un samurai è stato ucciso nel bosco: i sospetti dell'autorità s'appuntano sul brigante Tagiomaru, il quale, arrestato, afferma d'aver usato violenza a Mesago, moglie del samurai,

di essersi poi battuto a duello col marito vilipeso e di averlo ucciso. Ma egli viene smentito da Mesago, la quale afferma che, dopo la violenza subita, aveva ella stessa

ucciso il marito, non potendo sopportare il suo disprezzo.

Per appurare la verità, i giudici fanno evocare lo spirito del samurai. Questi afferma che Mesago, dopo essere stata posseduta da Tagiomaru, ha invitato il brigante ad assassinare suo marito. Tagiomaru si è rifiutato; ma il samurai, non potendo sopportare tanto obbrobrio s'è ucciso. Dunque tutti mentono, si domanda, desolato, il prete buddista. A questo punto, s'ode dal tempio il pianto d'un piccolo bimbo, abbandonato: il povero taglialegna, che ha già sei figlioli, lo raccoglie per allevarlo coi suoi. C'è ancora amore, c'è ancora carità nel cuore umano: non bisogna disperare.

Parola di... Akira Kurosawa

Quando proposi il progetto alla Daiei, dissi che gli unici set necessari sarebbero stati il portale e il muro del cortile del tribunale. Tutto il resto, promisi, sarebbe stato girato in esterni. Basandosi su questo basso preventivo per le scene, la Daiei fu felice di accettare il progetto. Più tardi Matsutaro Kawaguchi, all'epoca dirigente della Daiei, protestò che erano stati presi in giro. Sì, andava costruito solo il portale, ma al costo di quella scenografia gigantesca si sarebbero potute costruire cento scenografie normali.

Mi era sempre parso che fin dall'avvento del sonoro, negli anni Trenta, avessimo dimenticato quel che c'era di meraviglioso nei vecchi film muti. Sentivo il bisogno di tornare alle origini del cinema per ritrovare quella bellezza particolare; dovevo dunque ritornare al passato. "Rashomon" sarebbe stato il mio banco di prova, l'occasione in cui avrei potuto sperimentare le idee e le intenzioni che scaturivano dalle mie ricerche sul muto. Gli strani impulsi del cuore umano avrebbero trovato espressione in un accuratissimo gioco di luce e ombra.

Prima dell'inizio delle riprese, i tre assistenti alla regia vennero a trovarmi. Scoprii che trovavano la sceneggiatura sconcertante e volevano che gliela spiegassi. "Leggetela più attentamente, per favore", dissi. "Se la leggeste diligentemente, dovreste essere in grado di capirla, perché è stata scritta nell'intento di renderla comprensibile". "Siamo convinti di averla letta attentamente, eppure non ci capiamo niente lo stesso; ecco perché vogliamo che ce la spieghiate". Siccome insistevano dissi loro questo: "Gli esseri umani sono incapaci di essere onesti con se stessi. Non riescono a parlare di sé senza abbellire il quadro. Questa sceneggiatura ritrae esseri umani che non riescono a sopravvivere senza bugie che li facciano sentire migliori di quel che sono in realtà. Tale desiderio deprecabile di mentire per abbellirsi dura fin nella tomba. L'egoismo è un peccato che l'essere umano porta con sé fin dalla nascita: è il più difficile da riscattare. Questo film è come uno strano dipinto su rotolo che viene dispiegato e proiettato dall'ego. Dite che non riuscite a capire la sceneggiatura, ma è il cuore umano a essere incomprensibile. Se vi concentrate sull'impossibilità di comprendere davvero la psicologia umana e rileggete il copione, credo che ne afferrerete il senso".

"Rashomon" vinse il Leone d'Oro e l'Oscar per il miglior film straniero.

I critici giapponesi dissero che i due premi erano semplice conseguenza della curiosità degli occidentali e del loro gusto per l'esotismo; questa reazione mi sembrò aberrante allora come oggi.

Perché i giapponesi non hanno fiducia nel valore del Giappone? Non posso che deplorare profondamente il carattere del mio popolo.

[da L'ultimo samurai di Akira Kurosawa Edizioni Baldini & Castoldi]

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