SCHEDE FILM

MAESTRI DEL CINEMA

Sala Esse - giovedì 18 gennaio 1996

Il diario di un curato di campagna

Titolo originale

Journal d'un curé de campagne

Regia

Robert Bresson

Nazionalità

Francia

Anno

1951

Interpreti

Marie-Monique Arkell (la contessa)

Antoine Balpreté

Jean Danet

Armand Guibert (il curato di Torcy)

Nicole Ladmiral (Chantal)

Claude Laydu (il curato)

Jean Riveyre (il conte)

Soggetto

Dal romanzo di Georges Bernanos

Sceneggiatura

Robert Bresson

Fotografia

Leonce Henry Burel

Musica

Jean Jacques Grunenwald

Produzione

Union General Cinematographique

Distribuzione

Lux

La trama

Un giovane sacerdote, appena uscito dal seminario, viene chiamato ad esercitare il suo ministero, come parroco, ad Ambricourt, modesto villaggio francese. Egli è deciso ad ispirare la sua azione non semplicemente alla lettera, ma allo spirito del Vangelo; questo suo atteggiamento lo mette però in contrasto coi parrocchiani. Dalle circostanze e dal sentimento del dovere, rafforzato dalla profonda fede, il giovane sacerdote è indotto ad occuparsi della situazione esistente nella famiglia d'un conte. Questi ha una relazione con la governante della figliola giovinetta, Chantal; la contessa trascurata dal marito, tutta assorta nel ricordo d'un figlioletto morto, non si cura della figliola, è nemica di tutti, ribelle a Dio. Il giovane parroco l'avvicina, l'induce ad una confessione completa e la riporta alla Fede; ma la notte seguente la contessa muore. Questo episodio in cui il sacerdote ha potuto salvare un'anima, rafforza la generale ostilità contro di lui. Un nuovo assalto del male, che lo travaglia, l'induce a consultare un medico cittadino, dal quale apprende d'essere affetto da cancro. Egli morrà poco dopo, dilaniato nel corpo, ma certo della Grazia Divina.

Parola di... Robert Bresson

Mi è stato commissionato. Ma mi sono preoccupato di servire il libro e non di servirmene. Quello che più mi ha colpito è stato soprattutto il quaderno da scolaro del diario dove, attraverso la penna del curato, un mondo esteriore si trasforma in un mondo interiore e prende un colore spirituale. Quello che mi piace, inoltre, in Bernanos è che egli crea il soprannaturale muovendo dal reale.

Siamo cristiani entrambi: questa è già una comunione di interessi, una affinità elettiva. Ma ciò che mi attrae maggiormente in Bernanos è l'assoluta mancanza, nei suoi romanzi, di psicologismo letterario. Il cinema non deve infatti, secondo me, esprimersi con le parole ma deve trapelare attraverso le immagini. Ci sono poi, in Bernanos, certe ottiche, certe prospettive, per quel che riguarda il soprannaturale, che sono sublimi.

L'importante nel realizzare un film tratto da un libro è la fedeltà allo spirito nel (o attraverso il) rispetto della composizione e delle proporzioni stesse del libro. Ogni opera possiede una verità intrinseca: la verità del film non può coincidere esattamente con quella del libro.

Il punto è: esprimere comprimendo. Mettere in una immagine quello che lo scrittore diluirebbe in dieci pagine. Non si crea aggiungendo, ma levando. Sviluppare è altra cosa dal diluire.

I soggetti religiosi ricevono la loro dignità ed elevazione dalle immagini e dai suoni. Non (come si crede) il contrario: che le immagini e i suoni le ricevano dai soggetti religiosi.

bernanos diceva che la solitudine è per chi si salva. Sono solo? Non lo credo. Ho una vita intensa di rapporti e di affetti. Sono un isolato? Probabile. É certo che non voglio essere confuso con gli altri. D'altronde ognuno ha davanti a sé la propria strada tracciata. La mia va verso l'ignoto, ma è una strada in ogni caso, come dato, come riferimento, in cui c'è la natura, l'uomo.

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