ELEMENTI DI ANALISI FILMICA

Elementi di analisi filmica I parte

Da questo numero iniziamo a pubblicare alcune indicazioni per un approccio critico alla visione di un film. Con la scadenza mensile imposta dalla periodicità di Cineclub News, contiamo di dare indicazioni importanti ma non eccessivamente impegnative per chi, giustamente, al cinema può dedicare solo parte del proprio tempo libero.

Cominciamo quindi con una immancabile premessa per passare poi ai "riferimenti storici".

Alcune domande che possiamo porci sono? Chi è lo spettatore critico, cosa significa criticare un film. Queste semplici domande presuppongono innanzitutto qualche riferimento alla definizione della figura dello spettatore stesso. Diremo perciò, dando già qualche anticipazione sui metodi che intendiamo seguire, che lo spettatore è il destinatario di un messaggio che qualcuno (il mittente) ha pensato, codificato e prodotto e che, in qualche modo, gli ha fatto pervenire. Questa definizione, che fa riferimento allo schema della comunicazione di Roman Jakobson, fissa preventivamente i limiti dell'analisi, pur risultando altrettanto efficacemente valida in qualsiasi tipo di contesto comunicativo. Se di spettatore si parla, tuttavia, in termini di destinatario, è altrettanto opportuno precisare che egli è anche un destinatario, in un certo senso, privilegiato in quanto è volontariamente sottoposto alla situazione che lo coinvolge. Essere critici nei confronti del messaggio-spettacolo, di cui contemporaneamente siamo anche destinatari, vuol dire dilatare l'orizzonte del nostro sguardo verso una visione più completa possibile della situazione comunicativa che ci coinvolge. In altre parole, all'assunzione soggettiva di certe informazioni che ci vengono comunicate, si dovranno accostare quegli elementi contestuali che oggettivamente costituiscono l'originalità del messaggio: si parlerà allora non più solo di piacere, di emozione, di riflessione analogica o di occasionalità dei contenuti proposti dal messaggio-spettacolo, ma anche di codice, di sintassi testuale, di organizzazione degli argomenti e delle tecniche, di retorica più o meno trasgredibile e di tutto ciò che è in grado di fornirci gli strumenti più idonei e obiettivi su cui costruire, ma solo successivamente, le nostre personalissime impressioni. Comprendere dunque il testo del messaggio-spettacolo, con l'intero ventaglio delle caratteristiche che gli sono proprie, per poterlo poi più correttamente interpretare.

Comprensione e interpretazione sono perciò le due attività, distinte ma sequenzialmente complementari, che qualificano lo spettatore critico, ma pure, in generale, ogni attento lettore di messaggi.

Partendo da una rapidissima sintesi sulla storia e le tecniche del linguaggio cinematografico, quali condizioni essenziali di riferimento, l'obiettivo è di giungere a definire il film come un particolare tipo di testo nel quale l'interazione di più codici (sonoro, visivo, letterario ecc.) determina una complessa rete di significati da svelare e riclassificare correttamente. Se il film può essere considerato un testo, sarà lo spettatore critico a smascherarne le insidie e a svelarne la sua vera natura.

Riferimenti storici

Alla base di un possibile metodo critico di lettura dell'immagine filmica sta la conoscenza dell'evoluzione tecnica e artistica del prodotto cinematografico. Per tentare anche una pur rapidissima sintesi della storia del cinema è indispensabile soffermarsi su quei momenti che hanno caratterizzato in modo determinante lo sviluppo dei diversi moduli espressivi, cercando di definire con chiarezza quei termini entrati nell'uso corrente degli addetti ai lavori.

Arte cinematografica è, innanzi tutto, arte della rappresentazione e, ancor di più, della riproduzione. In tal senso il cinema deve le sue origini prima alla scoperta e allo sviluppo delle tecniche fotografiche piuttosto che allo spettacolo teatrale o da baraccone di fiera. La compenetrazione più o meno equilibrata della rappresentazione (fenomeno estetico-letterario) e della riproduzione (fenomeno estetico-tecnico) segna l'inizio dell'arte filmica. Alla preistoria del cinema appartengono quindi i primi esperimenti sulle possibilità della registrazione fotografica della realtà. Qualche data:

1826. Joseph-Nicephore Niepce ottiene la prima immagine impressa su una lastra fotosensibile; è la prospettiva di un gruppo di tetti di case ottenuta con una posa di circa otto ore.

1837. Louis-Jacques-Mandé Daguerre, un pittore parigino che si interessava alle possibilità di riproduzioni realistiche della realtà, perfeziona la tecnica di Niepce e ottiene il primo esempio di dagherrotipo - una natura morta - che segnerà l'inizio della diffusione mondiale delle tecniche fotografiche.

1849. Antoine Plateau, un fisico belga, tenta di applicare al Fenachistoscopio (un apparecchio di sua invenzione che, sfruttando la rotazione di un cerchio con figure disegnate in successione, davanti ad uno specchio, dava l'idea del movimento) i dagherrotipi, sostituendoli ai disegni.

1878. L'inglese Eadweard Muybridge riesce ad ottenere la riproduzione di un cavallo in corsa, attraverso una successione di fotografie, ottenuta con una apparecchiatura di sua invenzione, dando così la prima idea della possibile riproducibilità fotografica del movimento; su questi studi di Muybridge, Etienne-Jules Marey, un fisiologo interessato ai problemi della locomozione animale, inventa nell'82 il fucile fotografico, che permetterà di riprendere fino a 12 immagini al secondo.

1888-1891. Gli americani Thomas A. Edison e William K.L. Dickson sviluppano un complesso meccanismo per la ripresa su pellicola del movimento reale e per la rappresentazione della stessa al pubblico (Kinetograph, Kinetoscope); in seguito essi realizzarono un primo pionieristico studio cinematografico (il "Black Maria"), montato su binari circolari per seguire l'inclinazione del sole che illuminava l'interno dello studio attraverso una vetrata posta sul soffitto ed ebbero l'idea di ingaggiare artisti piuttosto conosciuti per la realizzazione delle loro pellicole che avrebbero così potuto, in seguito, richiamare maggior pubblico alle proiezioni.

1895. Louis e Auguste Lumière brevettarono un apparecchio per la ripresa e la proiezione di immagini fotografiche animate (il "Cinematographe"); questo dispositivo migliorava di molto i risultati di Edison e Dickson, consentendo una rappresentazione narrativamente molto più complessa e articolata della realtà. Con la presentazione dei risultati ottenuti, a un pubblico pagante pesso il Grand Café, al 14 del Boulevard des Capucines di Parigi, nel dicembre dello stesso anno, i fratelli Lumière diedero definitivamente vita al cinema.

Con i Lumière, per quanto concerne l'evoluzione e la storia dell'arte filmica, c'è già quasi tutto l'occorrente. Le fasi successive potrebbero essere considerate di perfezionamento (anche se di grandissimo perfezionamento) del materiale tecnico e artistico che i Lumière avevano creato. Non è infatti difficile intravedere nelle immagini in movimento sulgli schermi delle moderne e confortevoli sale cinematografiche, l'ombra di un "Arrivee d'un train a la Ciotat" o di un "Le repas del bebe" o ancora di un "L'arroseur arrosse", tutti microspettacoli che la genialità dei due cineamatori francesi aveva saputo offrire per le forti emozioni e per la stupefacente sorpresa del pubblico.

I Lumière però non ebbero l'intuizione di comprendere le straordinarie potenzialità che il cinema riservava: essi credevano che, una volta esaurito l'incanto della novità, il pubblico si sarebbe presto stancato e la loro invenzione avrebbe finito per essere dimenticata.

La loro preoccupazione fu perciò quella di arricchire il più possibile, il catalogo delle loro opere in modo da poter sfruttare al massimo l'interesse degli spettatori, prima che il momento favorevole si esaurisse. E quel momento, la storia racconta, non si esaurì più. Il cinema del dopo-Lumière è quello delle scuole (prima francese, poi americana, sovietica, italiana ecc.), dei generi (fantastico, western, poliziesco, commedia, bellico ecc.), dei divi (le generazioni del muto e via via fino a quelli dei nostri giorni), del sonoro e degli effetti speciali.

[Fine prima parte]

(Da "Lo spettatore critico - una lettura dell'immagine filmica" di Renato Candia)

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