SCHEDE FILM

IL CINEMA RITROVATO

Le Laudi - martedì 6 febbraio 1996

Ladri di biciclette

Regia

Vittorio De Sica

Nazionalità

Italia

Anno

1948

Durata (in minuti)

84

Interpreti

Elena Altieri (Signora Benefattrice)

Vittorio Antonucci (Il ladro)

Ida Bracci Dorati (La santona)

Lianella Carell (Maria)

Carlo Jachino

Lamberto Maggiorani (Antonio Ricci)

Michele Sakara

Gino Saltamerenda

Enzo Staiola (Bruno)

Soggetto

Cesare Zavattini

Romanzo di Luigi Bartolini

Sceneggiatura

Oreste Biancoli

Suso Cecchi D'Amico

Vittorio De Sica

Adolfo Franci

Gherardo Gherardi

Gherardo Guerrieri

Cesare Zavattini

Fotografia

Carlo Montuori

Musica

Alessandro Cicognini

Montaggio

Eraldo Da Roma

Produzione

Vittorio De Sica per Pds

Distribuzione

Enic

La trama

Un operaio disoccupato trova un posto d'attacchino municipale; ma ci vuole la bicicletta. L'operaio ne possiede una; ma è al monte di pietà. Niente paura: la moglie impegna le lenzuola e riscatta la bicicletta. L'attacchino incomincia il suo lavoro, ma dopo meno di un'ora, un ragazzaccio gli ruba questa preziosa bicicletta. Tenta d'inseguirlo; ma è inutile. L'uomo ritorna a casa in preda alla disperazione. Denuncia il furto al Commissariato, ma non gli dànno nessuna speranza. Nessuno prende interesse al suo caso all'infuori di un amico spazzino. L'attacchino si aggira tra i rivenditori di biciclette: non trova la sua, ma intravede il ladro e si dà ad inseguirlo, accompagnato dal figliolo, un bimbo di sei anni. L'inseguimento gli fa attraversare tutta Roma in un giorno di domenica: vediamo così la "messa del povero", una trattoria, una casa equivoca, infine il domicilio del ladruncolo. L'attacchino trova dovunque indifferenza od ostilità. Infine, esasperato, pensa di rivalersi, rubando una bicicletta incustodita; ma lo fa così goffamente che viene subito preso; e solo i pianti del bambino lo salvano dall'arresto. Padre e figlio tornano a casa, esausti, disperati, piangenti.

Parola di... Vittorio De Sica

Un giorno Zavattini mi dice: "è uscito un libro di Luigi Bartolini, leggilo, c'è da prendere il titolo e lo spunto". Era ladri di biciclette. Bartolini ci cede il titolo e il diritto a trarre dal libro l'idea di un film, per un certo compenso. Più tardi, a film ultimato, protesterà violentemente. Quel soggetto mi appassionava profondamente. Solo in altri due soggetti ho creduto con uguale fermezza: Sciuscià e Umberto D.; su tutti gli altri ho nutrito prima della realizzazione, dubbi. Per la verità, la storia si differenzia dal libro (che è davvero festoso, colorito e direi picaresco) in maniera piuttosto radicale. Basti dire che il protagonista, il derubato, non è Bartolini ma un attacchino che gira disperatamente per Roma in cerca del suo veicolo. Da qui un altro ambiente, altri interessi, adatti ai miei mezzi e ai miei scopi. Perché allora abbiamo conservato questo titolo acquistando inoltre i diritti di libera riduzione dal libro? Per un doveroso riconoscimento a un insigne artista che con le sue vive pagine ha dato, sia pure indirettamente, motivi di ispirazione per il mio nuovo film. Il mio scopo, dicevo, è di rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso nella piccola cronaca, anzi nella piccolissima cronaca, considerata dai più come materia consunta. Che cos'è infatti il furto di una bicicletta, tutt'altro che nuova e fiammante, per giunta? A Roma ne rubano ogni giorno un bel numero e nessuno se ne occupa, giacché nel bilancio del dare e avere di una città chi volete che si occupi di una bicicletta? Eppure per molti, che non possiedono altro, che ci vanno al lavoro, che la tengono come l'unico sostegno nel vortice della vita cittadina, la perdita della bicicletta è un avvenimento importante, tragico, catastrofico. Perché pescare avventure straordinarie quando ciò che passa sotto i nostri occhi e che succede ai più sprovveduti di noi è così pieno di una reale angoscia? La letteratura ha scoperto da tempo questa dimensione moderna che puntualizza le minime cose, gli stati d'animo considerati troppo comuni. Il cinema ha nella macchina da presa il mezzo più adatto per captarla. La sua sensibilità è di questa natura, e io stesso intendo così il tanto dibattuto realismo. Il quale non può essere, a parer mio, un semplice documento.

[da L'avventurosa storia del cinema italiano di G.Fofi e F. Faldini Edizioni Feltrinelli]

Premere qui per tornare alla pagina precedente

Powered by ItalyNet.it