SCHEDE FILM

IL CINEMA RITROVATO

Le Laudi - martedì 12 marzo 1996

Giù la testa

Regia

Sergio Leone

alias Bob Robertson

Nazionalità

Italia

Anno

1971

Interpreti

Domingo Antoine (Col.Gunterreza)

Rick Battaglia (Santerna)

Giulio Battiferri

Poldo Bendandi

Omar Bonaro

Roy Bosier

James Coburn (John\Sean)

Franco Graziosi (Governatore)

Maria Monti (Adelita)

Rod Steiger (Juan Miranda)

Rosita Torosh

Romolo Valli (Dottor Villega)

Soggetto

Sergio Donati

Sergio Leone

Sceneggiatura

Sergio Donati

Sergio Leone

Luciano Vincenzoni

Fotografia

Giuseppe Ruzzolini

Musica

Ennio Morricone

Montaggio

Nino Baragli

Durata (in minuti)

154

Produzione

Rafran Euro

Distribuzione

Euro

La trama

Un fuorilegge messicano, Juan Miranda, padre di cinque figli che lo aiutano nelle sue imprese banditesche, associatosi con un irlandese, John Mallory, per svaligiare un banca, si ritrova invece a combattere al suo fianco coi rivoltosi di Villa e Zapata. Dopo aver preso parte alla conquista di una cittadina, Mesa Verde, e alla distruzione - in un'imboscata di buona parte delle truppe del colonnello governativo Gunther Resa - uno spietato massacratore di peones - Juan scopre che costui, riuscito a salvarsi, ha fatto uccidere, con altri ribelli rifugiatisi sui monti, i suoi cinque figli. Tentando una disperata sortita contro i «regulares», che lo hanno stretto d'assedio in una grotta, Miranda finisce loro prigioniero, ma John lo salva in extremis dalla fucilazione. Benché venga considerato un eroe, Miranda non s'è convertito affatto alla rivoluzione. Insieme con John, sale clandestinamente su un treno che ospita anche un aborrito governatore. Il treno viene attaccato dai rivoltosi e ancora una volta Juan e John si ritrovano schierati con loro. Ucciso il governatore, Miranda affronta, a fianco dell'amico, i soldati di Gunther Resa, che vengono sconfitti. Nel corso della battaglia, prima di cadere sotto i colpi di Juan, il colonnello ferisce John mortalmente. Juan Miranda aderisce infine alla causa rivoluzionaria, grazie soprattutto alla precedente opera di persuasione attuata da John.

Parola di... Sergio Leone

"Giù la testa" avrei dovuto soltanto produrlo, e come regista gli americani mi proposero Peter Bogdanovich, che aveva fatto delle rivisitazioni dei generi con successo. Ma, appunto, volle rivisitare anche il western secondo gli schemi più tradizionali e stantii, e in ogni caso papì che non ce l'avrebbe fatta - con quel budget e con me! - e rinunciò. Pensai a Peckinpah, che ci sarebbe stato, o al mio aiutoregista, Carlos Santi, con la mia supervisione, ma a questa proposta si ribellarono gli attori. La Euro aveva anticipato molti soldi, ed eravamo a dieci giorni dal via, così finì che lo diressi io, e piano piano mi ci appassionai, anche se all'inizio - pensando già a "C'era una volta l'America" - mi sentivo molto frustrato. Erano successi problemi anche per gli attori, perché io avrei voluto Jason Robards e Malcolm MsDowell, due generazioni, ma Steiger e Coburn andavano benissimo lo stesso: l'intellettuale contrapposto al naïf nel mondo della guerra, che è anche il mondo contemporaneo con tutti i suoi orrori e problemi aperti (c'erano per esempio i lager, ed era molto voluto). Bisogna prendere come soggetto dei personaggi piccoli per farne risultare i problemi grossi. Alla fine è il personaggio piccolo che spiega il mondo all'intellettuale, al personaggio un po' presuntuoso dell'intellettuale che vuol sentirsi dei naïf. Un pigmalione alla rovescia, insomma. E alla fine l'intellettuale butta via i libri. Un personaggio del film dice a un certo punto: «Chi dice rivoluzione dice confusione», e questo era un altro tema di fondo del film, nel quale i dati storici erano solo un pretesto per parlare di cose molto più generali.

Steiger è un bambino senza personalità che a ogni film assume quella di un personaggio diverso e la fa sua al punto da portarsela persino a casa. Tre mesi prima dell'inizio di "Giù la testa" cominciò a prendere lezioni da una signora messicana per imparare la cadenza e l'accento particolari di chi per madre lingua ha avuto lo spagnolo e deve esprimersi in un altro idioma. Nel film, appunto, avrebbe dovuto rendere un personaggio simile.

Beh, per i tre mesi che precedettero il primo ciak, poi durante tutta la lavorazione e dopo ancora fino al termine del doppiaggio, Steiger parlò sempre a quel modo, sul set e nel privato. Al punto che alcune ragazze che lo venivano a trovare da New York per il weekend, dato che era divorziato, mi chiesero: «Ma che succede a Rod? Parla in un modo tale, anche quando siamo a tu per tu, che non ci riesce di capirlo».

Per "Giù la testa" la scelta di Steiger e di Coburn fu condizionata dal noleggio americano. La mia, dalla produzione che mi impose di dirigerlo perché non approvava i precedenti risultati offerti da un'altra persona. Così, chiaramente, per rendere secondo i miei criteri un film su cui già si era tanto speso fui costretto a riscrivere la sceneggiatura giorno per giorno mentre giravamo e a dire agli attori di non chiedermi mai oggi quello che avremmo fatto domani.

Da principio Steiger mugugnò parecchio, anzi mi disse: «Tu appartieni a quel tipo di registi presuntuosi, come Fellini, come Rosi... Io ho lavorato con voi, so che detestate gli attori e invece dovete sapere che ci sono solo sei attori al mondo, ogni continente ne ha uno, ed è bene che impariate a regolarvi».

E io: «Senti, siccome mi sembra di caire che ti ritieni uno di questi sei, fammi la cortesia di dirmi chi sono gli altri cinque, almeno mi annoto i nomi per non scritturarli mai nella mia vita». Dopodiché filammo in pieno accordo, anche perché, a una sua ennesima rimostranza, gli feci una tale scenata che mi sentirono urlare a un chilometro di distanza. Per tutta reazione divenne docilissimo, non protestava neppure se gli facevo ripetere la stessa scena trenta volte come accadde per certi ciak, perché avevo capito che nei primi lui si mangiava l'obiettivo e che il sistema migliore per ottenere quello che volevo era di stancarlo.

[da L'avventurosa storia del cinema italiano di G.Fofi e F. Faldini Edizioni Feltrinelli]

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