FIRENZE TEATRO

di Michela Bini

Mese di riprese, marzo, per il Teatro di Rifredi che ripropone opere di grande successo delle passate stagioni. Si comincia con il divertente "Le quattro stagioni da Vivaldi" di Gabriele Vacis interpretato dalla Banda Osiris. Comica ricostruzione della biografia del musicista riletta da un simpatico quartetto di fiati. Segue "L'impresario delle Smirne" di Goldoni per la regia di Antonio Taglioni. L'opera, poco conosciuta, è una commedia metateatrale, si parla infatti di un episodio nella storia di una compagnia di attori non famosi ed affamati di palcoscenico che intravedono una possibilità di svolta alla propria carriera all'annuncio di un vantaggiosissimo contratto per una tournee in Oriente. Senza dubbio interessante l'"Edipus" di Giovanni Testori, da sempre fortemente impegnato, sia nella prosa che nel teatro, nell'analisi di scottanti problemi della nostra società (droga, aborto, emarginazione): una ripresa in chiave esistenziale della tragedia classica. Ritorna così il tema d'Edipo, già presentato con "Alla greca" di Berkoff, come proseguimento dell'intento commemorativo nei confronti di Pasolini, che tanto amò questo tema della tragedia classica. A fine mese, prima nazionale in esclusiva, "Appetite" diretto da Robin Laurie e Gail Kelly, con una compagnia di attrici-acrobate australiane che si propongono di stupire il più possibile gli spettatori.

Anche il Teatro Studio di Scandicci ripropone un successo della passata stagione, "Arsa" di Giuseppe Manfridi presentato dalla compagnia Krypton. Il testo è basato sulla storia vera della poetessa ebrea Sara Coppio Sullam, vissuta fra il sedicesimo ed il diciassettesimo secolo nel ghetto di Venezia. La giovane donna, innamorata delle lettere e dello scrivere versi, legge un giorno un dotto poema di Ansaldo Cebà, anziano accademico, e affascinata dalla sua opera intraprende una fitta corrispondenza con l'autore, finendo per innamorarsi di lui. Un amore tutto letterario, ma autentico, che non trova corrispondenza nell'uomo, il cui unico scopo è quello di indurre la giovane poetessa alla conversione al cattolicesimo. Vista l'impossibilità di raggiungere il suo scopo, l'uomo pubblica tutte le lettere da lui composte, con lo scopo di mostrare la dottrina delle sue argomentazioni. L'opera è un fitto ed intricato monologo, una cerimonia del Dire, tentativo di capire se stessi, gli altri, le ragioni dell'abbandono. Da segnalare anche, all'inizio del mese, "Ippolito" di Marco Martinelli e Ermanna Montanari con la compagnia di Ravenna Teatro.

Giuseppe Manfridi è anche l'autore della versione teatrale di "Uno, nessuno e centomila" di Luigi Pirandello, in scena alla Pergola. Vitangelo Moscarda, impersonato da un grande interprete pirandelliano come Flavio Bucci, per una banale osservazione della moglie, inizia una penosa analisi che lo porta ad una tragica conclusione: nessuno è ciò che crede di essere, siamo tutti solo ed esclusivamente come gli altri ci vedono, ogni persona che ci conosce ci attribuisce una diversa identità. Da qui l'ossessione, lo studiare continuamente lo sguardo, le parole, gli atteggiamenti altrui. Da qui la rinuncia a tutto per ottenere la libertà. Sempre di Manfridi, a fine mese, "La partitella"; fra le due opere "La fortuna con l'effe maiuscola" di Eduardo de Filippo e Armando Curcio.

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