SCHEDE FILM

IL CINEMA RITROVATO

Le Laudi - martedì 5 dicembre 1995

Il circo

Titolo originale

The circus

Regia

Charles Spencer Chaplin

Nazionalità

Usa

Anno

1928

Interpreti

Albert Austin

Harry Bergman (vecchio clown)

Charlie Chaplin (il vagabondo)

Heinie Conklin

Harry Crocker (Rex)

George Davis (prestigiatore)

Allan Garcia (proprietario circo)

Merna Kennedy (la ragazza)

Betty Morissey

Steve Murphy

John Rand

Stanley J. Sanford

Doc Stone

Soggetto

Charles Spencer Chaplin

Sceneggiatura

Charles Spencer Chaplin

Fotografia

Mark Marklat

Rollie Totheroh

Jack Wilson

Musica

Charles Spencer Chaplin

Montaggio

Charles Spencer Chaplin

William Hinckley

Aiuto registi

Harry Crocker e William E. Hinckey

Durata (in minuti)

85

Produzione

United Artist

Distribuzione

Dear UA

La trama

Charlot, assunto come inserviente in un circo, suscita, con i suoi gesti maldestri, l'ilarità del pubblico che, richiamato dalla sua presenza, accorre sempre più numeroso.

Pur senza saperlo, egli diventa ben presto l'attrazione numero uno dello spettacolo, ma, mentre il circo prospera,

la sua posizione e la sua paga restano uguali. Finalmente, una giovane trapezista sua amica, Myrna, gli rivela la verità, riuscendo a fargli ottenere un aumento di stipendio.

Segretamente innamorato di lei, Charlot si illude, in seguito alla predizione di una chiromante, di essere l'uomo destinato a sposarla. Il fortunato, invece, è Rex, l'equilibrista. Divenuto incapace di far ridere e, per questo, minacciato di licenziamento, Charlot si allena segretamente sulla corda per diventare come Rex e una sera, in sua assenza, viene chiamato a sostituirlo. La sua esibizione scontenta il proprietario ed viene licenziato.

Per stargli accanto, Myrna abbandona il circo, ma Charlot, generosamente, fa in modo che Rex la raggiunga e la sposi.

Parola di...

"Il circo" è stranamente uno dei film meno citati nei saggi critici su Chaplin. Ancor più stranamente, è lo stesso Chaplin a ignorarlo nella sua autobiografia. Ci viene in soccorso la preziosa "banca dati" del Castoro Cinema.

Giorgio Cremonini

"Il circo" si sviluppa su un filo poco omogeneo, frequentemente frammentato. Tutta la sequenza iniziale (il furto e l'inseguimento nel Luna Park) potrebbe costituire una comica a sé, di tipo keystoniano. Così come alla tradizione Keystone appartengono i numerosi gag con gli animali che costellano il film: il mulo che perseguita Charlot; Charlot chiuso nella gabbia del leone; il cane che abbaia svegliando il leone; il gatto che impaurisce Charlot appena sfuggito al pericolo; le scimmie. Essi diventano però autentici portatori d'incubo. L'ambiente del circo è un universo assurdo, dominato dall'irrazionale e dalla violenza: irrazionale (gli animali) e violenza (il direttore) sono le facce complementari della stessa mostruosità. Forse Chaplin non è mai stato (e non sarà mai più) così pessimista: da questo pessimismo nasce la solitudine come orgogliosa vittoria dell'individuo, che lascia che la società (il circo) proceda da sola, non senza dolore, certo, ma con la convinzione che in fondo sia meglio così.

Questo procedere per concetti astratti fa de "Il circo" una delle opere chapliniane più istintive e immediate, disperate e vaghe, percorritrice di "Luci della ribalta" e della vittoria (solo in parte mediata dall'ironia) del cuore sulla mente. E non è a caso che, proprio come "Luci della ribalta", "Il circo" sia uno dei film in cui l'autobiografia sia più trasparente. Entrambi i film hanno come protagonista un attore, con i suoi problemi, il recupero del sentimento come sola forma esternata dell'arte; entrambi si chiudono con una rinuncia, che ha il tono della sconfitta solo in quanto la sconfitta è una misura costante della vita e si può quindi, rovesciando la prospettiva, uscirne paradossalmente vincitori.

"Il circo" racconta inoltre dell'arrivo di Chaplin negli Usa (il circo) e i suoi esordi cinematografici. Ma nasce soprattutto in un momento particolare della storia del cinema, mentre si comincia ad affermare clamorosamente il sonoro.

Per il momento Charlie Chaplin sembra semplicemente accantonare il problema: sia "La febbre dell'oro" che "Il circo" ribadiscono l'appartenenza del cinema chapliniano al mondo del muto e della pantomina.

[da Charlie Chaplin di Giorgio Cremonini "il castoro cinema" Edizioni La Nuova Italia]

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