SCHEDE FILM

Anni di piombo

Titolo originale

Die bleierne Zeit

Regia

Margarethe von Trotta

Nazionalità

Germania

Anno

1981

Interpreti

Julia Biedermann (Marianne a 16 anni)

Luc Bondy (Werner)

Margit Czenki

Patrick Estrada Pox (Ian a 10 anni)

Carola Hembus

Samir Jawad (Jan a 4 anni)

Jutta Lampe (Juliane Klein)

Barbara Paepcke (Juliane a 6 anni)

Rebecca Paepcke (Marianne a 5 anni)

Ina Robinski (Juliane a 17 anni)

Franz Rudnick (il padre)

Verenice Rudolph (Sabine)

Doris Schade (la madre)

Anna Steinmann

Barbara Sukowa (Marianne Klein)

Wufhild Sydow

Rudiger Vogler (Wolfang)

Sceneggiatura

Margarethe Von Trotta

Fotografia

Franz Rath

Musica

Nicolas Economou

Montaggio

Dagmar Hirtz

Durata (in minuti)

106

Produzione

Bioskop Film

Distribuzione

Gaumont Vale (1982)

La trama

Juliane e Marianne Klein sono figlie dµun severo pastore protestante. La prima ha un carattere duro e orgoglioso; lµaltra sembra mite ed ubbidente: come tale è la preferita in famiglia. Le adolescenti assistono esterrefatte alla proiezione scolastica degli orrori perpetrati dai loro connazionali nazisti nei famigerati lager ed al tempo stesso alle vergognose degradazioni umane per le quali milioni di innocenti muoiono di fame e di stenti. "Questo stato di cose non può continuare": fanno la loro scelta. Juliane lavora in un giornale femminista e fa politica; Marianne invece si unisce ad un gruppo terroristico ed entra in clandestinità. Dopo qualche anno Marianne è arrestata. La sorella nelle visite che le farà in carcere resterà sempre più scossa dalla irremovibilità della sorella e dalle sue convinzioni della bontà d'una scelta che lei disapprova del tutto. I diverbi e gli scontri rafforzano tuttavia il legame odio amore tra le due sorelle. Juliane continua il suo lavoro politico, condotto con metodi democratici, appoggiata dall'affetto del suo amante Wolf; la sorella inizia un prolungato sciopero della fame che la porta agli estremi. Mentre Juliane si trova in vacanza Marianne viene trovata morta in carcere.

Il verdetto dell'indagine è inequivocabile: suicidio per impiccagione. La disperazione per l'avvenuto e la convinzione che la causa della morte sia ben altra portano la sorella alla ricerca puntigliosa della verità.

Il proposito la induce all'abbandono d'una vita relativamente sicura e protetta per dedicarsi all'impresa che in partenza sembra disperata.

Quando il risultato del suo lavoro l'avrà condotta alla conclusione che si trattò di omicidio, lo sperato colpo giornalistico scandalistico le cadrà dalle mani: i lettori ora esigono attualità sensazionali che non hanno niente a che fare con le vecchie storie carcerarie di un tempo ormai lontano! Non le resta che raccontare, con prudenza ed un po' alla volta, tutta la verità a Jan, il figlioletto di Marianne che la madre aveva abbandonato per potersi dedicare completamente alla sua missione, in quanto "una come lei non poteva badare ai sentimenti!"

La critica...

L'occasione da cui scaturisce l'idea del film è la morte in carcere, il 18 ottobre 1977, di Andreas Baader, Gudrun Ensslin e Jean Carl Raspe; Imgard Möller è in fin di vita. I quattro sono terroristi, tra i fondatori della RAF, e la tesi ufficiale della loro morte è il suicidio. Molti però sospettano un'esecuzione che, eliminando le cause, rendesse vani altri possibili tentativi di ricatto armato verso lo Stato tedesco. Sembrava infatti improbabile che avessero potuto togliersi la vita persone sorvegliate a vista giorno e notte in una struttura modernissima. Il funerale dei terroristi fu filmato da un gruppo di cineasti tedeschi e divenne "Germania in autunno", la testimonianza della fine di un'epoca e di un movimento di contestazione dissolti da una dura e capillare repressione, oltre che dei rovinosi effetti della lotta armata, scelta e praticata da alcuni. Proprio durante queste riprese Margarethe Von Trotta conosce Christiane Ensslin e dai suoi racconti la regista, che aveva già pensato di girare qualcosa su Gudrun Ensslin e Ulricke Meinhof, ricava un prezioso punto di vista soggettivo.

Due le protagoniste del film, due sorelle che sembrano tanto opposte da non poter appartenere alla stessa casa, allo stesso mondo. Perché possano incontrarsi occorre infatti la morte, o, almeno, il presagio della sconfitta di una delle due. La regista non ha timidezze verso il cinema classico e non si concede trasgressioni formali, ma costruisce lo spessore del suo sguardo con massima intensità. Cita spesso (Bergman nei volti che si sovrappongono sul vetro), non ha paura dei sentimenti che anzi sottolinea con la musica e insiste poco dove ritiene che sia sufficiente un accenno (le femministe hanno qualche cartello ed i terroristi portano gli occhiali scuri anche di notte). Lavora sui corpi più che sulla psicologia e tutto viene mostrato più di quanto non sia detto. Dunque centralità dell'attore, ma anche muri, vetri, suoni distorti e citazioni pittoriche (Masaccio, le deposizioni) e fotografiche (la foto del ·Cheº morto in Bolivia).

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