SCHEDE FILM

L'avventura del dottor Molineaux

Titolo originale

Drole de drame

Regia

Marcel Carné

Nazionalità

Francia

Anno

1937

Interpreti

Pierre Alcover (Ispettore Bray)

Jean Pierre Aumont (le laitier)

Jean Louis Barrault (le boucher)

Agnes Capri (la cantante)

Annie Cariel (moglie del vescovo)

Guy Decomble

Marcel Duhamel

René Genin

Henri Guisol (Buffington)

Louis Jouvet (l'eveque)

Jeanne Lory (la zia)

Pierre Prevert

Françoise Rosay (Mrs. Molineux)

Michel Simon (Molineux e Chapel)

Sinoel

Nadine Vogel (Eva)

Soggetto

J. Storer Clouston

romanzo e testo narrativo «His First Offence»

Sceneggiatura

Jacques Prevert

Fotografia

Eugene Schufftan

Musica

Maurice Jaubert

Durata (in minuti)

105

Produzione

Charles David per la E. Corniglion Molinier

La trama

Il dottor Irwin Molyneux, botanico, ha una doppia identità: è infatti autore, sotto lo pseudonimo di Félix Chapel, di romanzi gialli di grande successo. In seguito ad una serie di circostanze di cui Molyneux resta vittima a causa della moglie Margaret e del cugino, il vescovo di Bedford, lo scrittore-botanico è indotto a farsi passare per uxoricida sotto l'identità di Molyneux e ad indagare contemporaneamente sul presunto delitto nei panni di Chapel. La situazione si complica per l'intervento di un autentico assassino, William Kramps, che s'innamora della signora Molyneux e ricerca lo pseudo Chapel per ucciderlo. Dopo una serie inesauribile di coups de théâtre, il film si conclude con la definitiva assunzione dell'identità di Chapel da parte dello scienziato, a sua volta creduto morto.

La critica...

Drôle de drame (1937) è un film burlesque, e come tale isolato nella filmografia di un regista che si è sempre orientato verso soggetti dallo svolgimento narrativo serio, se non addirittura severo o tragico (l'altro film «comico» di Carné, Du mouron pour les petits oiseaux, è nulla più di uno spiacevole incidente professionale). È assai probabile che nella decisione di realizzare Drôle de drame abbia avuto una parte di rilievo la volontà di Prévert, affascinato dalla possibilità di dare libera espressione all'umorismo aggressivo e alla vena tardo surrealista cui inclinava in quel periodo. Il regista racconta che un amico comune, suo e di Prévert, aveva acquistato i diritti di due romanzi dell'inglese J. Storer Clouston. La scelta cadde su His First Offence, che ampiamente rimaneggiato e modificato da Prévert sarebbe diventato Drôle de drame.

Con questo film Carné si allontana dall'atelier di Feyder e tenta la sorte in un genere che aveva pochi precedenti nel cinema francese. Compie in qualche modo un'operazione da innovatore che Charles Ford segnala, ad esempio, come antecedente necessario di La règle du jeu di Renoir. Drôle de drame è un pastiche generato da una simbiosi fra le più diverse forme del comico: quello verbale in primo luogo, affidato ai dialoghi brillanti e un po' intellettualistici di Prévert; il comico di situazione, alla maniera del vaudeville; lo humor di matrice anglosassone. Non mancano i riferimenti al dinamismo della slapstick comedy americana. Un accostamento più preciso potrebbe riguardare la comicità dei fratelli Marx di cui Prévert dovette essere memore soprattutto nella gags di gusto nonsense. La trama - un'autentica commedia degli errori, costituita da un fitto intreccio di situazioni paradossali e fin troppo infarcita di colpi di scena, scambi di personaggi, equivoci di ogni genere - non è facilmente riassumibile. L'azione ha luogo in una Londra primo novecento grottescamente convenzionale, un piccolo cosmo assurdo. L'intenzione satirica è evidente. Prévert esaspera il proprio spirito caustico, le acrobazie verbali, la serie continua di scambi di parte tra inseguito e inseguitore, per giungere alla demitizzazione burlesca delle istituzioni, attraverso il sovvertimento sistematico delle gerarchie e dei ruoli sociali stabiliti. Una volta accettata la regola dell'indistinguibilità aggressori-vittime-complici, le convinzioni del sistema borghese si sgretolano e permettono l'irruzione delle forze del sogno e della fantasia in una realtà dalle apparenze razionali. Un costante tono di poesia dell'assurdo, un umorismo un po' folle, un'allegria libertaria, nella costruzione stessa del meccanismo scenico, che dipana un gioco smaliziato, irto di punte irriverenti o addirittura feroci. Che colpiscono, come è prevedibile, soprattutto i rappresentanti dell'establishment, i poliziotti e in particolare il vescovo, personaggio grottesco che non disdegna né di concedersi ai piaceri della carne, né di indossare il kilt sotto un completo costume scozzese. Il vescovo di Bedford è evidentemente un personaggio simbolo, che incarna l'ipocrisia e l'illogicità dell'ordine sociale; ad esso si contrappone l'ammazzamacellai Kramps, quale rappresentante dell'assurdità del mondo. I protagonisti della vicenda sono tutti legati alle vane apparenze e alla costante preoccupazione per ciò che si dirà di loro: prima fra tutte la signora Molyneux, una précieuse ridicule che preferisce creare un falso dramma, piuttosto che rischiare una brutta figura agli occhi del vescovo.

La critica della società attraverso la messa in ridicolo dei suoi rappresentanti più significativi era dunque lo scopo perseguito dal testo che Prévert aveva scritto perché Carné ne curasse la realizzazione cinematografica. Si sentiva una tensione verso la libertà di espressione che mutuava i propri umori sia dagli ultimi riverberi della stagione surrealista, sia dagli entusiasmi e dalle illusioni nate dal Fronte Popolare. Come osserva Charles Ford, che pure giudica positivamente Drôle de drame, : «nulla è più difficile da realizzare di un film in cui, da una situazione drammatica nascono peripezie comiche che, a priori, turbano lo spirito cartesiano che ogni spettatore ama riconoscere a sé stesso». La scelta dei materiali plastici fu felicissima e la Londra volutamente falsa e parodisticamente «gialla» di Trauner deriva senza dubbio da una serie di geniali intuizioni dello scenografo. Altrettanto «centrata» la distribuzione delle parti: benché gli attori, consesso di mostri sacri del cinema nazionale, sembrino un po' lasciati a sé stessi, Drôle de drame comprende una quantità notevole di autentici pezzi di bravura. Tutto sommato si dovrà ammettere che le debolezze di Drôle de drame risiedono nella regia. La quale, pur ricercatissima per scelta d'inquadrature, gusto pittorico, rigore di costruzione, difetta di senso del comico, dote che non s'iscrive davvero fra quelle peculiari di Carné. La materia burlesca di Prévert entra in stridente contrasto con la severità della tecnica registica: l'illuminazione, le angolazioni, i movimenti di macchina sembrano quelli di una vicenda drammatica, e dunque inopportuni in un film che ambiva all'umorismo. L'inadeguata scrittura filmica, unita alla meticolosa cura del dettaglio, provoca nello spettatore freddezza e distacco, laddove sarebbe stata necessaria una soluzione formale omogenea e unitaria, capace di restituire la delirante atmosfera che innerva lo script prévertiano.

Parola di...Marcel Carné

Per il primo film ho chiesto la collaborazione di Prévert, che conoscevo attraverso il Groupe Octobre. Ero molto giovane e avevo visto «La bataille de Fontenoy»; ne ero uscito assolutamente entusiasta per l'uomo che aveva fatto una cosa simile: era fantastico, di uno spirito molto rivoluzionario. Bisogna dire che c'era una forma di umorismo che abbiamo imparato a conoscere più tardi, ma che allora era quasi del tutto inedita. Ho chiesto Prévert al produttore per il dialogo del mio primo film, "Jenny", dopo aver visto «Le crime de M. Lange» in proiezione privata. C'erano Renoir e Prévert: sono andato a trovare Prévert e gli ho detto: «Mi piacerebbe molto lavorare con lei».

Prévert veniva spesso sul set e gli capitava anche di fare certe osservazioni, se pensava che mi stessi mettendo su una strada sbagliata: «Io vedevo il personaggio un po' diversamente, calca troppo», oppure «Non calca abbastanza». Ma le cose non andavano mai oltre queste osservazioni. Non si pronunciava mai sulle inquadrature né sul montaggio. Devo anche aggiungere che molto spesso non era presente durante le riprese. Ha viaggiato moltissimo, soprattutto fra il 1936 e il 1939. Ma appena rientrava telefonava alla produzione chiedendo di vedere il «girato». Era una cosa che lo interessava enormemente. Coloro che vogliono essere sgradevoli con me dicono che senza Prévert non avrei fatto i film che conosciamo. Altri dicono la stessa cosa a proposito di Prévert. In realtà, il nostro incontro è stato benefico, ma sarebbe risultato nefasto per l'uno come per l'altro rendere eterna una collaborazione che non era più necessaria. Ognuno dei due aveva subito un'evoluzione per proprio conto. È indispensabile per collaborare come abbiamo fatto noi, Prévert ed io, un'identità di vedute che non può durare molto a lungo.

[Scheda tratta da «Marcel Carné» di Roberto Nepoti ed. Il Castoro Cinema]

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