SCHEDE FILM

I bambini ci guardano

Titolo originale

I bambini ci guardano

Regia

Vittorio De Sica

Nazionalità

Italia

Anno

1943

Interpreti

Ernesto Calindri (Claudio)

Emilio Cigoli (il padre)

Giovanna Cigoli (Agnese)

Luciano De Ambrosis (Pricò)

Jone Frigerio (la nonna)

Dina Perbellini

Isa Paola (la madre)

Adriano Rimoldi (l'amante)

Tecla Scarano (la vicina di casa)

Soggetto

Cesare Giulio Viola dal romanzo «Pricò»

Sceneggiatura

Vittorio De Sica

Adolfo Franci

Gherardo Gherardi

Margherita Maglione

Cesare Giulio Viola

Casare Zavattini

Fotografia

Giuseppe Caracciolo

Musica

Renzo Rossellini

Montaggio

Mario Bonotti

Durata (in minuti)

86

Produzione

Scalera Film-Invicta

Distribuzione

Scalera

La trama

Pricò è un bambino di sette anni che vive con occhi lucidi e disperati le vicende della vita coniugale dei propri genitori. Un giorno, mentre è ai giardinetti a giocare con il monopattino, nota la mamma, Nina, che parla con un uomo. Quando la madre lo riporta a casa, si fa promettere che l'indomani torneranno assieme ai giardinetti. Al mattino invece a svegliarlo è il padre Andrea, insieme alla domestica Agnese. La mamma, è partita gli dicono. Mentre le donne spettegolano sul pianerottolo, la domestica porta il piccolo dalla zia, sorella di Nina, che ha un laboratorio di sartoria. Fra busti e mezze gambe di legno, le ragazze si confidano gli amori e la zia riceve un «commendatore». Irrompe Andrea e si riporta via Pricò, ammutolito e turbato. Il piccolo va ad abitare dalla nonna paterna che vive in campagna con la servetta Paolina. Anche qui piccoli gesti, mezze parole, arie misteriose che incuriosiscono Pricò. Una notte, per vedere Paolina recarsi furtivamente ad incontrare il suo amante, si appoggia al parapetto e fa cadere una vaso di fiori. La nonna ne deduce che è stato educato male dalla madre. Tornato a casa dal padre, riceve un giorno la visita della madre e la prega di restare. Per amore del figlio Nina e Andrea riprendono a vivere insieme e si riconciliano. Ma quando la donna, assieme al figlio, va al mare, ad Alassio ricompare Roberto, il suo amante, e tra i due si riaccende l'antica fiamma. Il bambino, accortosene, tenta di fuggire per tornare dal papà, ma i carabinieri lo riportano a casa, e, a Roma, la mamma lo lascia al portone e prosegue in taxi. Dopo la seconda fuga di Nina, Andrea affida Pricò ad un collegio di preti e si suicida.

La critica...

Nell'estate del 1942 De Sica è sul set di «I bambini ci guardano», intento a girare quello che viene generalmente considerato un film chiave all'interno della sua filmografia, l'opera che lo allontana dalle commedie agrodolci con le quali aveva esordito e lo dispone sulla strada del neorealismo. L'inizio di un percorso che De Sica intraprende lavorando per la prima volta ufficialmente a fianco di Zavattini, la cui collaborazione in «Teresa Venerdì» era rimasta coperta dall'anonimato. Forte della vicinanza solidale di Zavattini, De Sica pone quindi mano alla trasposizione cinematografica del romanzo di Viola «Pricò», ripulendolo dagli eccessi melodrammatici, dalle scene strappalacrime, dai dialoghi enfatici, prosciugandone la vicenda in qualche modo, ma restituendo purificata, esaltata la tragica avventura sentimentale del piccolo Pricò e dell'umanità senza riscatto che lo circonda. Non più signorinette che vagano per i corridoi e le aule di scuole e collegi in attesa di convolare a giuste nozze, o orfanelle che riscattano la propria origine sposando un giovane bello e buono. Bisogna aprire gli occhi: i bambini ci guardano; che è poi un invito a guardarli, a rendersi conto che esistono, corrono, ridono, giocano, piangono. E che non sono soli perché accanto a loro si muove un universo di madri, padri, donne di servizio, autisti, bancari, ragionieri, casalinghe. Il mondo della piccola borghesia che lavora per pagarsi le vacanze ad Alassio e permettersi la cameriera, ma che poi si ritrova a discutere sui costi troppo elevati del mantenimento dell'ascensore. A questa borghesia il destino riserva talvolta liete, talvolta spiacevoli sorprese nell'avvicendarsi proprio dell'esistenza. La piccola ma magnifica rivoluzione riconosciuta a De Sica per «I bambini ci guardano» è stata ricondotta al dislivellamento di una borghesia che aveva fino ad allora nascosto con grande arte i propri cadaveri nell'armadio, senza nulla lasciar trapelare di quanto accadeva dietro la facciata tutta stucchi e lucentezza voluta dal regime. È questa la chiave di lettura favorita che ha tuttavia cristallizzato le analisi su una posizione che può essere riassunta in una interpretazione che vede «I bambini ci guardano» come opera fortemente innovativa dal punto di vista dei contenuti - la rivelazione di tutto un mondo piccolo borghese lontano dagli schemi fascisti, il dolore di un bambino, la tragicità dell'adulterio, il suicidio, l'amore e la partecipazione emotiva con cui la materia è narrata - e tuttavia profondamente ancorata a una struttura formale che rispecchia il cinema dei «telefoni bianchi». Racconto di sofferta iniziazione alla vita, «I bambini ci guardano» rappresenta uno dei primi tentativi, da un lato di analizzare le radici del dolore e dall'altro l'impossibilità di essere felici, in un momento storico in cui si materializza la crisi del fascismo e si trasforma in dramma il muto disagio delle prime stagioni della guerra. La modernità e l'originalità tematica del film consistono anche nel fatto che superano il dato oggettivo legato al crollo delle certezze alimentate dal fascismo, per scavare nella soggettività del piccolo protagonista e radiografare l'origine di un malessere che la guerra civile, prima e il dopoguerra, poi, tamponeranno, imponendo ben altri problemi. Ma che tuttavia riemergerà quando le questioni contingenti avranno trovato una soluzione.

[Scheda tratta da «I bambini ci guardano» di Angela Prudenzi in «De Sica, autore, regista, attore» a cura di Lino Miccichè, ed. Marsilio]

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